Il lavoro sommerso dei docenti fra riunioni e documentazione: 52 ore e 45 minuti a settimana, altro che le 18 di lezione frontale
Stima del lavoro effettivamente svolto da un docente di Scuola secondaria superiore: a fare “due conti” è un professore del Movimento Docenti Romani, Silvano Mignanti, che ha elaborato un documento prendendo in considerazione che le attività che l’insegnante svolge possono essere raggruppate in 14 macrocategorie, delle quali 11 sono previste nel contratto.
Più nel dettaglio nel documento si considerano:
1. Ore di lezione frontale
2. Partecipazione ad organi collegiali, consigli di classi, dipartimenti etc.
3. Ricevimento genitori
4. Viaggi di istruzione, visite, eventi e simili
5. Preparazione e correzione compiti, preparazione lezioni e relativi materiali
6. Preparazione documentazione (programmi, programmazioni, griglie, PDP, PEI…)
7. Preparazione e correzione compiti e svolgimento esami integrativi e/o di recupero
8. Esami di maturità
9. Funzioni aggiuntive all’insegnamento
10. Controllo degli alunni in fase di ingresso/uscita dalla scuola
11. Formazione continua
E poi:
12. Interazione con gli alunni/colleghi (in orario “extra”)
13. Ore dedicate a progetti/attività “pro bono” (orientamento, feste, attività extra-scolastiche…)
Infine, le cosiddette ore “buche” che, in mancanza di spazi adeguati, difficilmente vengono impiegate in attività “utili” quali la correzione dei compiti, e rappresentano dunque delle ore inutilmente sprecate rimanendo presso l’edificio scolastico.
E allora, per concludere, il professore spiega:
Sommando tutte le ore ed i minuti indicati nelle varie voci, considerate le 34 settimane annue di lavoro, si arriva ad un monte ore annue totale pari a poco più di 1800 (considerando una incertezza, enorme, del 10%, il range di riferimento può essere considerato fra le 1630 e le 2000).
Rapportando le 1800 ore alle 34 settimane di lavoro effettivo durante l’anno scolastico, arriviamo ad un monte ore di lavoro settimanale pari a ben 52 ore e 45 minuti.
Un’ultima considerazione riguardo le 34 ore di lavoro effettive: tali settimane sono esclusivamente quelle dedicate alle lezioni. In effetti, le cose sono un po’ diverse: l’anno di un docente parte il 1° settembre e termina il 31 agosto, ed in questo lasso di tempo gli impegni (al solo fine del calcolo delle settimane di lavoro reali) sono, usualmente:
● Uno o due collegi docenti fra il 1° ed il 14 settembre
● Gli esami integrativi (un giorno per gli scritti, un giorno per gli orali ed eventualmente un ulteriore giorno per gli scrutini), nello stesso lasso di tempo
● Le 34 settimane dal 15 settembre all’8 giugno
● Gli scrutini finali (indicativamente, 3 o 4 giorni – ad onore del vero, nel 2021 si potevano anche svolgere durante gli ultimi giorni di scuola – scelta, peraltro, estremamente opinabile per tutti i problemi di gestione che comporta)
● Gli Esami di Stato (una o due giorni riunioni preliminari, 2 o 3 giorni per gli scritti, 6/7 giorni per gli orali, da zero ad un ulteriore giorno per scrutinio finale, pubblicazione ed adempimenti finali in genere)
● Eventuali corsi di recupero per alunni rimandati (indicativamente, 6 o 7 giorni di impegno a fine giugno, inizio luglio): tali ore sono, usualmente, retribuite con specifico progetto dal fondo di istituto, e, di conseguenza, non sono state considerate ai fini dei calcoli precedenti
● Gli esami di riparazione (un giorno per gli scritti, un giorno per gli orali ed eventualmente un ulteriore giorno per gli scrutini) tipicamente nel lasso di tempo dal 25 agosto al 30 settembre (talune scuole, specialmente negli anni passati “sforavano” nei primi giorni dell’anno successivo)
Facendo un totale delle giornate indicate in questo elenco, arriviamo a circa 28 giorni, quindi ulteriori 4 settimane da aggiungersi alle 34 teoriche, per un totale di 38 settimane lavorative annue. Un dipendente pubblico medio (non del comparto scuola) lavora da contratto 36 ore settimanali e ha diritto a 28 giorni di ferie più 4 per festività soppresse, per un totale di 32 giorni. Facendo un calcolo brutale, possiamo ragionevolmente supporre che un dipendente pubblico lavori un totale di 45/46
settimane l’anno, ossia ben 7 settimane in più, si potrebbe pensare, di un docente tipo. Però, a tal numero di settimane, a 36 ore a settimana, corrisponde un monte totale di 1638 ore.
La differenza di ore lavorate (circa 150, pari a circa il 10 sul totale delle ore) è importante, ma si potrebbe obiettare che i valori indicati siano troppo elevati: consideriamo allora il caso peggiore che comporta uno scarto di 8 ore, pari allo 10,5%: supponendo esatti al centesimo di secondo tutti i valori ipotizzati, basterebbe che un docente impiegasse soli 5 minuti in più a correggere ciascun compito, che le ore si eguaglierebbero: già 6 minuti in più a compito comporterebbero una differenza sfavorevole ai docenti.
Nella realtà dei fatti, statisticamente parlando, il numero di ore lavorate annualmente dai docenti e dagli altri dipendenti pubblici sono almeno uguali, più probabilmente si può ragionevolmente affermare che un docente lavora in media circa un 10% in più.
Morale della favola? I docenti effettivamente lavorano dalle 7 alle 8 settimane in meno degli altri dipendenti pubblici, ma in quelle settimane lavorano non meno del 120% rispetto agli altri dipendenti pubblici e, alla fine dell’anno, le ore lavorate in totale sono almeno uguali.
La didattica (lezione, preparazione delle lezioni, dei materiali, studio, correzione compiti, ideazione di attività didattiche personalizzate, etc.) – sottolinea infine il docente – impegna un buon 60% del tempo-lavoro del docente ma per il restante 40% del tempo il docente non insegna