Violenza a scuola, Valditara ribadisce: “Chi prende a pugni un docente o un preside dovrà vedersela anche con lo Stato”

da la tecnica della scuola

Si parla molto in questi giorni di una preoccupante escalation di violenza all’interno dei locali scolastici in tutta Italia, dalla prof di inglese picchiata da una madre a Castellamare di Stabia al dirigente scolastico aggredito a Cesena dal parente di un alunno.

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che ha già detto che il suo dicastero si costituirà parte civile ai processi relativi a questi episodi, è tornato sull’argomento cercando di rassicurare il personale della scuola nel corso di un’intervista a La Verità: “È un fenomeno molto preoccupante. Di fronte a casi di violenze commesse ai danni del personale della scuola proporrò la costituzione di parte civile del ministero, valutando di chiedere anche il risarcimento del danno da immagine. Chi prende a pugni un docente o un preside dovrà vedersela anche con lo Stato. Più in generale dobbiamo rilanciare il patto educativo tra famiglie e docenti, evitando che si crei un fossato. Ho deciso di far sedere intorno a un tavolo le associazioni di genitori e studenti, insieme con le istituzioni, con l’obiettivo di costruire una grande alleanza tra i protagonisti del mondo scolastico”.

Cosa significa costituirsi parte civile?

Ricordiamo che “costituendosi parte civile” il ministero dell’Istruzione e del Merito permetterebbe ai docenti aggrediti di chiedere – necessariamente all’inizio dell’iter di un processo penale – il risarcimento dei danni (morali e materiali) subiti in conseguenza del reato.

 

 

Il docente, Ata o il dirigente scolastico vittima dell’aggressione, in questo modo si ritroverebbe difesi, per questo versante, da un legale le cui spese sarebbero a carico del dicastero dell’Istruzione.

“I ragazzi che fanno atti di bullismo non vanno sospesi”

Il capo del dicastero bianco ha anche parlato di bullismo, altra piaga violenta che purtroppo affligge la scuola, ribadendo un pensiero che aveva già espresso: “Ho sempre pensato che per arginare il bullismo non serva la sospensione. Tenere un ragazzo fuori dalla scuola per settimane può persino portarlo ad avere contatti poco raccomandabili, col rischio di perderlo definitivamente. Piuttosto, credo che una prima risposta importante arrivi dalla reintroduzione a scuola della cultura della responsabilità e dalla attenzione alla cultura del lavoro. Gli autori di atti di bullismo potrebbero essere coinvolti in lavori socialmente utili, magari nelle case di riposo o nei centri per disabili, misure che già alcune scuole adottano nella loro autonomia. Dare importanza al lavoro nell’educazione dei giovani è un passaggio che aiuta a maturare”.

“Ci sono studi scientifici che dimostrano un’amara verità: i ragazzi oggetto di persecuzioni sistematiche tendono ad avere cattivi risultati a scuola, si avvicinano pericolosamente all’abbandono scolastico, alla depressione, agli istinti suicidi, e sul lungo periodo hanno una minore aspettativa di vita. Si tratta di una piaga che persino la Commissione europea ha messo sotto i riflettori. Dobbiamo insegnare ai ragazzi che non esiste solo un io ipertrofico e onnipotente, ma occorre immedesimarsi negli altri, sentire gli altri, capire che si è parte di una comunità, e questo esige rispetto”, ha aggiunto.

 

 

Valditara ha parlato ancora una volta di autorità del pubblico ufficiale: “Stiamo ancora pagando gli eccessi ideologici del Sessantotto. La contestazione ha messo in crisi il concetto di autorità, che è ben diverso dalla sua degenerazione, cioè dall’autoritarismo. Se non c’è rispetto per l’autorità – l’insegnante, il carabiniere, il magistrato – lo Stato si dissolve e finiamo nell’anarchia”, ha concluso.

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