Poli per l’infanzia: un cantiere aperto
di Laura Donà, Scuola7
Nuovi spazi per crescere e per vivere bene.
Tra i progetti finanziati con il PNRR c’è anche il sostegno al sistema integrato zero-sei, così come delineato nel D.lgs 65 del 2017. L’obiettivo è quello di ampliare sul territorio nazionale il numero di nidi e servizi integrativi per l’infanzia al fine di raggiungere il benchmark europeo del 33%, elevato al 50% dalla recente Raccomandazione UE del 2022[1]. Ma c’è anche l’obiettivo di generalizzare l’accesso dei bambini alla scuola dell’infanzia fino al raggiungimento del 96% di frequenza.
Questa revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia, combinati con la progressiva realizzazione del sistema integrato zero-sei, fornisce un acceleratore a costruire Poli per l’infanzia e a organizzarli in forma coordinata nei diversi territori regionali, provinciali e locali.
Una garanzia per la popolazione più giovane
I Poli per l’infanzia costituiscono un dispositivo innovativo che permette di garantire il valore della funzione educativa per i piccoli e per i piccolissimi. In molte realtà queste strutture rappresentano già un riferimento qualitativo per le giovani famiglie che, molto spesso, scelgono dove abitare anche in funzione della presenza dei servizi zero-sei. Questi assicurano indipendenza e libertà nella realizzazione dei progetti di vita e permettono di conciliare le attività professionali con quelle personali.
In alcune regioni, i servizi zero-sei[2] si sono affermati già da un po’ di tempo. In alcuni casi la realizzazione di ‘Poli’ è stata resa possibile coniugando i servizi educativi, a cura di gestori privati (che sono anche gestori di scuole dell’infanzia), con le scuole dei comuni e con gli Istituti comprensivi. La logica è sempre quella di condividere risorse e progettualità al fine di elevare il “ben-essere” della popolazione e sostenere la crescita demografica.
Coordinamento e formazione comune
Queste tipologie di gestione con il D.lgs.65/2017 si sono meglio ridefinite a partire dal tema del coordinamento e della formazione comune tra educatori e insegnanti. La programmazione e la realizzazione di momenti di scambio e di informazione tra i diversi gestori delle due articolazioni del sistema possono garantire meglio una conoscenza e un confronto comuni sui principi pedagogici e su come tali principi si possono concretizzare nella pratica educativa; soprattutto per la definizione di strumenti programmazione e di un progetto educativo condiviso.
Sul piano pedagogico, dunque, la costituzione di Poli supporta un’offerta formativa coerente dal punto di vista culturale e organizzativo per sostenere lo sviluppo dei bambini all’interno di un processo unitario[3].
Gestione pubblica e privata
Tuttavia, a parte alcune esperienze già in atto in Toscana e in Emilia-Romagna, nella maggior parte delle regioni la costituzione dei Poli è ancora una realtà tutta da inventare. È utile, quindi, oltre a conoscere le leve normative che ne regolano l’attivazione, promuovere gruppi di lavoro e momenti di confronto (considerata la natura plurima della gestione tra pubblico e privato, tra Stato, Regioni ed Enti locali) per sostenere la loro diffusione secondo modelli di sostenibilità che reggano nel tempo. È necessario, quindi, regolare la costituzione dei Poli con attività programmate e coerenti con le diverse necessità sociali e in base alle caratteristiche dei territori.
Tavoli paritetici
Un primo livello di intervento è la promozione di azioni di indirizzo nei tavoli paritetici regionali di confronto[4] che prevedono la presenza delle Regioni, degli Uffici scolastici regionali e dell’ANCI regionale.
Si ricorda che il tavolo paritetico di confronto ha compiti consultivi e compiti propositivi proprio per l’attuazione e il monitoraggio del Piano pluriennale e per l’analisi dell’offerta educativa per i bambini sotto i 3 anni e dai 3 ai 6 anni. Un compito particolare del tavolo è anche quello di istituire Poli per l’infanzia e di individuare percorsi di continuità organizzativa e formativa tra i servizi educativi e la scuola dell’infanzia.
Occorre quindi che questo mandato, emerso dall’accordo Stato Regioni, trovi concretezza per fornire linee di indirizzo, funzionali alle caratteristiche dei territori, tali da permettere la realizzazione, oltre che di Poli, di tutti i servizi strategici per l’intera area di interesse locale, provinciale e regionale.
Un metodo di lavoro
Spesso per capire come organizzare una struttura, in questo caso un servizio innovativo, è utile chiarire cosa escludere, e questa è la modalità di lavoro che si sta utilizzando in Veneto. Laddove la presenza di servizi zero-sei è solo prerogativa di gestori privati, di Enti locali e di scuole paritarie, ci si è chiesti come la scuola dell’infanzia statale e gli Istituti comprensivi possano entrare a far parte di un Polo.
Da questa domanda è partita una ricerca che ha portato ad elaborare un glossario di riferimento sul quale il gruppo di lavoro, incaricato dal tavolo paritetico di confronto, sta operando per restituire un documento di indirizzo utile per la Regione.
Cosa non è un Polo secondo la normativa
Per rispondere alla domanda basta far riferimento alla normativa nazionale: “I Poli per l’infanzia accolgono, in un unico plesso o in edifici vicini, più strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini fino a sei anni di età, nel quadro di uno stesso percorso educativo, in considerazione dell’età e nel rispetto dei tempi e degli stili di apprendimento di ciascuno. I Poli per l’infanzia si caratterizzano quali laboratori permanenti di ricerca, innovazione, partecipazione e apertura al territorio. Per potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico delle bambine e dei bambini di età compresa tra tre mesi e sei anni di età, le Regioni, d’intesa con gli Uffici scolastici regionali, tenuto conto delle proposte formulate dagli Enti Locali e ferme restando le loro competenze e la loro autonomia, programmano la costituzione di Poli per l’infanzia definendone le modalità di gestione, senza dar luogo ad organismi dotati di autonomia scolastica. I Poli per l’infanzia possono essere costituiti anche presso Direzioni didattiche o Istituti comprensivi del sistema nazionale di istruzione e formazione” (D.lgs 65/2017 art. 3 comma 1, 2, 3.). Anche le sezioni primavera sono aggregate, di norma, alle scuole per l’infanzia statali o paritarieo inserite nei Poli per l’infanzia” (D.lgs 65/17 art. 2, punto 3/b).
Rispetto a questa base di riferimento le strutture uniche con medesimo gestore, denominate centri infanzia, che accolgono bambini delle fasce zero-tre e tre-sei non possono definirsi Poli, ma solo luoghi di aggregazione che si completano con la presenza di altri servizi integrativi per l’infanzia, sezioni primavera e scuole dell’infanzia statali.
La governance sul campo
Se con il termine Poli intendiamo una realtà plurima di servizi zero-sei, è necessario che ci siano intese tra Regioni, Enti locali e Stato proprio al fine di disegnare un assetto territoriale tale da garantire alle famiglie, insieme alla tutela dei diritti dei bambini e delle loro esigenze educative, la possibilità di scegliere, tra una pluralità di opzioni (nidi, centri per bambini, spazi famiglia, spazi gioco, ecc.), quella più adeguata ai loro bisogni (forme di accesso, tempi, costi, ecc.).
L’idea di pensare ad un Polo come a un insieme di servizi zero-sei, appartenenti ad una medesima area territoriale, comporta anche la scelta di decidere a chi affidare il coordinamento e con quali forme far funzionare il Polo stesso. Le indicazioni normative ricordano che non bisogna dar luogo ad organismi dotati di autonomia scolastica e che i soggetti distinti devono mantenere la loro singola identità nell’unitarietà di intenti.
Per le azioni connesse alla formazione congiunta di educatori e docenti, è importante agganciare i Poli ai Coordinamenti pedagogici territoriali al fine di promuovere e sostenere la qualificazione dell’offerta dei servizi educativi e delle scuole per l’infanzia.
Coordinamenti pedagogici
Un altro aspetto è quello del coordinamento all’interno di ciascun Polo per l’infanzia. Lo si potrebbe realizzare, tenendo conto delle strutture attive nel territorio interessato, attraverso una convenzione o un protocollo di rete che preveda la costituzione di un gruppo di lavoro integrato interistituzionale, a livello di singolo Polo, che segni la regia educativa e gestionale.
La scelta del coordinamento deve ssere oggetto di decisione condivisa all’interno del Polo stesso con l’attribuzione della funzione di coordinatore didattico-pedagogico al Dirigente scolastico o a un gruppo di delegati, in una logica di co-costruzione di tutte le azioni progettuali ed educative.
Questa ipotesi aiuta ad includere nel Polo più servizi di diversa gestione ed enfatizza la funzione innovativa della progettazione e pianificazione di tutte le strutture e i servizi utili per una comunità. Facilita altresì il confronto, la programmazione dei costi, l’interscambio di professionalità e risorse che, nel medio e lungo periodo, potrebbero fungere da volano alla valorizzazione del personale educativo e docente, ma anche allo stesso sviluppo di carriere.
Tale riferimento va rintracciato nel progetto pedagogico ed educativo di continuità all’interno della comunità educante che condivide lo stesso paradigma: l’idea di bambino, l’idea di adulto, l’idea di educazione.
[1] Raccomandazione del Consiglio del 7 settembre 2022. [2] Ci si riferisce in particolare alla Toscana e all’Emilia-Romagna. [3] Linee pedagogiche zero-sei, DM 22 novembre 2021 n. 334, parte VI, punto 3. [4] Istituiti come esito della Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 5 ottobre 2021 riguardante il Piano di azione nazionale pluriennale per il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni per il quinquennio 2021-2025, nota DGOSV n. 8066 del 30 marzo 2022.