Contratto scuola, ma è davvero un successo o un accordo “umiliante”?

Come sappiamo, lo scorso 14 luglio, dopo lunghi mesi di trattative tra Aran e sigle sindacali, si è giunti alla firma del nuovo contratto scuola relativo al triennio 2019/21. Tanti sono stati i commenti positivi sul risultato raggiunto, sia da parte degli stessi sindacati firmatari, che di vari esponenti politici: ma l’ipotesi di contratto siglata può essere considerata davvero un successo, considerato anche il lungo tempo che è stato impiegato e il rilevante innalzamento del costo della vita che nel frattempo ha caratterizzato la vita economica del nostro Paese?

Non tutti plaudono al nuovo contratto scuola

La firma del contratto scuola 2019/21, come sappiamo, ha suscitato l’entusiasmo di molti all’interno del mondo politico e sindacale: per il deputato della Lega, Rossano Sasso “L’istruzione ritorna al centro dell’azione politica”, per Elvira Serafini, segretaria generale Snals, “Finalmente, dopo cinque anni di mancato rinnovo, causati dalle esigue risorse messe a disposizione dai vari governi, con il nuovo CCNL vengono ripartite risorse per tutto il personale ed estesi i diritti ai precari”. Anche il ministro Giuseppe Valditara e la premier Giorgia Meloni si sono mostrati molto soddisfatti del risultato raggiunto, definendolo quest’ultima come “Un passo in avanti per restituire autorevolezza e dignità al personale scolastico”.

Ma il nuovo contratto scuola può davvero essere considerato un successo? Oltre alla Uil Scuola Rua che, come sappiamo, non ha firmato l’accordo, anche l’Unicobas è uscita fuori dal coro del plauso generale. In un comunicato dei giorni scorsi, infatti, il segretario nazionale del sindacato, Stefano d’Errico e Stefano Lonzar hanno affermato che “Non c’è propria nulla da festeggiare. Il riconoscimento economico pattuito è offensivo e ci tiene ancora molto lontani dalla media europea, anzi ribadisce l’impoverimento progressivo dei salari”.

Il parere dell’Unicobas

D’Errico ha illustrato le cifre concrete che con il nuovo contratto scuola, dopo lunghi cinque anni, si sono ottenute: 13,90 euro mensili in media per gli insegnanti a partire dal 1° gennaio 2022 e 8,37 euro per il personale ATA dal 1° gennaio 2021: i 124 euro mensili tanto pubblicizzati dalla stampa (scaturiti in gran parte dall’accordo economico raggiunto lo scorso dicembre), pertanto, sono un abbaglio.

“Abbiamo un’inflazione reale che si attesta almeno sull’11% e con questo umiliante contratto saremo in una situazione ulteriormente deficitaria. Si continua, quindi, a risparmiare sulla pelle dei lavoratori della scuola, incrementando le mansioni nei vari profili, precarizzando figure fondamentali ma a fronte di risibili aumenti”, ha affermato.

“Mentre si portava a termine un contratto così miserevole – hanno sottolineato D’Errico e Lonzar – negli stessi giorni il mondo della politica, con una trattativa lampo, aumentava di 1.300 euro netti lo stipendio dei capigruppo dei partiti in Parlamento. A dimostrazione di quanto sempre più profonda si faccia la distanza tra la casta dei mestieranti della politica e il mondo reale di quanti devono fare i conti con stipendi inadeguati, inflazione galoppante, abbattimento delle conquiste e dello stato sociale, precarizzazione delle esistenze”.

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