Scuola, la fabbrica dei supplenti
di Ilaria Venturi, la Repubblica
Gli istituti riaprono per il nuovo anno con 200 mila precari: “A perderci sono i ragazzi”.
«Ti chiedo scusa se non ci sarò, anche se la colpa non è mia. Forse ti passerà la voglia di afferrare la matita, fare merenda, girarti dalla parte di chi ti chiama perché per te non sarà più una voce familiare. Ti chiedo scusa se sarai arrabbiata e non lo saprai dire». La lettera aperta di Denise Romano, 29 anni, maestra lo scorso anno di una primaria dell’istituto Don Bosco a Gela, ai bambini che non rivedranno le loro insegnanti di sostegno al suono della nuova campanella ha fatto il giro del web. Tocca un nervo scoperto, coglie un disagio che tutti conoscono, ma sempre irrisolto, alza il velo sulla resa di una scuola che non garantisce, soprattutto agli studenti disabili, quelli che ne avrebbero più bisogno, di avere di anno in anno lo stesso insegnante che li segue. Ovvero, continuità didattica. È la scuola italiana precaria.
In cattedra ogni quattro insegnanti uno è un supplente. Così si riparte, il debutto del ministro all’Istruzione e al Merito Giuseppe Valditara e del governo Meloni in questo nuovo anno scolastico non è diverso dal passato. Lo scontro ora è sui numeri. Il ministro stima 130mila precari, i sindacati almeno 200mila. E via così, con una cattedra di ruolo su due che rimane vacante, i concorsi annunciati nel piano del Pnrr per 70mila posti non ancora banditi, posti assegnati ai supplenti da un algoritmo in un girone infernale di assegnazioni dove fioccano errori e rettifiche, dove talvolta chi ha più punteggio viene scavalcato da chi è dietro o “eliminato” come è successo a Elena Rastello, 29 anni, torinese, insegnante di Storia alle medie e di Italiano alle superiori: «Ho selezionato 150 scuole, non c’era posto, poi ci sono state delle rinunce, ma l’algoritmo mi ha scavalcata convocando chi era dopo di me». Storia emblematica, è la giostra che precede il rientro tra i banchi. Un viaggio che comincia dai dati, sempre controversi.
Cattedre vacanti
Su 32.784 posti comuni di ruolo autorizzati dal Mef per stabilizzare i precari ne sono stati assegnati 27.261. Sul sostegno sono state coperte 13.358 cattedre su 18.023 (2.813 in più del 2022). In tutto, dunque, sono state fatte 40.619 assunzioni a tempo indeterminato.
L’anno scorso il Mef aveva autorizzato 94.130 assunzioni, ma a dicembre 2022 ben 51.151 posti di ruolo risultavano ancora scoperti. «Abbiamo assegnato il 79,9% dei posti autorizzati dal Mef contro il 47% dello scorso anno» rivendica il ministro. Ma i posti disponibili in realtà sono 81.023, solo che il Mef su indicazione di viale Trastevere ne ha autorizzati meno (50.807), riservando gli altri al concorso atteso a settembre. Questione di percentuali e di narrazione politica. Se il confronto è fatto con gli effettivi posti vacanti, la percentuale di assunzioni scende al 50%.
Cattedre vuote
Perché rimangono? Le assunzioni vengono fatte dalle graduatorie cosiddette ad esaurimento (Gae) e di merito, cioè dei vincitori dei passati concorsi. Ma nelle discipline scientifiche e materie letterarie sono agli sgoccioli se non esaurite. E poi gli insegnanti disponibili sono al Sud e i posti invece sono al Nord. Quest’anno sui trasferimenti, con chiamate cosiddette veloci, ha pesato il caro vita: tante le rinunce di chi con uno stipendio da 1.300 euro al mese non si può permettere di affittare una casa e vivere in città al Centro Nord. Le maestre, che si formano con laurea a numero chiuso, cominciano a scarseggiare come i medici per gli stessi motivi: una formazione inadeguata rispetto al fabbisogno.
L’esercito dei supplenti
I sindacati non hanno dubbi: saranno 200mila come gli altri anni. Si è detto: 40mila cattedre rimaste scoperte, poi ci sono i posti in deroga sul sostegno, che Valditara nel computo non considera (dagli 80 mila ai 120mila per i sindacati). Inoltre vanno considerati i posti assegnati in base alle esigenze per nuove classi, per avviare la scuola. Si tratta di supplenze annuali che aumentano sino a novembre. E se i prof ancora mancano si arriva sino alle “messe a disposizione” (Mad): basta il diploma, ci si candida in più scuole, i presidi selezionano. E si entra in aula. «Non c’è la volontà di stabilizzare il personale» scuote la testa Manuela Calza della segreteria Flc-Cgil. Per la Cisl Scuola occorre rendere strutturale anche sui posti comuni le assunzioni da graduatorie provinciali di supplenza di prima fascia (Gps), ovvero gli abilitati. Così la Uil con Giuseppe D’Aprile: «Si preferisce continuare con la sola logica dei concorsi che non hanno fatto altro che creare ulteriori graduatorie e disparità tra docenti, cosa che accadrà anche nel futuro: chi vincerà il prossimo concorso Pnrr precederà nell’assunzione in ruolo gli idonei del concorso del 2020». Paradossi che non faranno altro che bloccare il sistema del reclutamento a suon di ricorsi.
I concorsi
L’obiettivo fissato dal Pnrr sono 70mila assunzioni nel 2024 con nuove regole. Devono uscire due bandi, uno cosiddetto “straordinario ter” per circa 35mila posti nella secondaria aperto a chi ha almeno 36 mesi di servizio o acquisito 24 crediti universitari nelle materie legate alla pedagogia e psicologia. «Non è nemmeno ancora in Gazzetta ufficiale il Dpmc sulla formazione insegnanti» osserva Calza.
La voragine sul sostegno
All’agrario Emilio Sereni di Roma mancano all’appello 75 docenti, 45 sul sostegno. Per dire. Il grosso dei precari è proprio lì, tra chi segue i disabili nelle classi. Valditara ne ha fatto motivo di impegno, annunciando anche di voler confermare i supplenti per tutto il ciclo scolastico di un alunno. Ci provò, invano, la ministra Fedeli nel 2017. Ma senza l’ampliamento dei posti negli atenei che li devono formare si va poco lontano. Attualmente sono 29.061. Una goccia. Così, altro scandalo, la gran parte dei precari non è specializzato, oltre che cambiare di anno in anno. E allora non rimane che chiedere scusa.