Urge chiarire le modalità d’impiego dei docenti fragili in Smart working
di Francesco Provinciali, il Domani
Il provvedimento Calderone risolve sul piano formale l’aspetto critico della disparità di trattamento tra fragili aventi lo stesso diritto. Tuttavia necessita di ulteriori disposizioni per evitare difficoltà interpretative ed applicative.
Il ritorno silente ma in crescita esponenziale del Covid ha indotto il Governo a prorogare i termini dello Smart Working per i lavoratori fragili – scaduti il 30/09 u.s. – fino al 31/12 p.v. Ad onor del vero già la legge n.° 85 del 3/7/2023 aveva stabilito questo differimento a fine anno per la categoria dei cosiddetti “super-fragili”, ovvero per coloro le cui patologie sono comprese nel D.M. Salute 4/2/2022. Riportando lo stralcio del D.L. 29/09//2023 non può sfuggire il passaggio dove – su iniziativa del Ministro del Lavoro Calderone – si considera la fattispecie relativa alla declinazione nel lavoro agile del personale docente della scuola, che in passato aveva suscitato più di un interrogativo in ordine alla conversione nello smart working di una mansione professionale non del tutto compatibile sul piano del pratico utilizzo degli insegnanti in un’attività differita a domicilio.
Ciò che aveva suscitato polemiche e contenziosi soprattutto considerando la atipicità della funzione docente, non sempre convertibile ad esempio nella didattica a distanza, soprattutto per la scuola primaria e dell’infanzia, creando difficoltà operative sia per gli interessati – per i quali il lavoro agile si configura come diritto soggettivo non subordinato ad un potere limitativo discrezionale – che per i dirigenti scolastici cui compete l’onere di focalizzare prestazioni lavorative a distanza rispettose del profilo professionale degli insegnanti, in vista di un accordo individuale utilmente praticabile, nell’ambito dell’area di inquadramento contrattuale.
A parte i provvedimenti iniziali del primo Governo Conte, che aveva equiparato l’assenza per malattia al ricovero ospedaliero, la vexata quaestio era rimasta irrisolta creando una disparità di trattamento tra i “fragili” – la cui mansione lavorativa poteva essere svolta a domicilio – e coloro per i quali era difficoltoso individuare attività compatibili, tra queste in primis, per numero degli aventi diritto, gli insegnanti.
Il provvedimento Calderone – recepito nel D.L. che segue – risolve sul piano formale l’aspetto critico della disparità di trattamento tra fragili aventi lo stesso diritto. Tuttavia, come vedremo, necessita di ulteriori disposizioni ad evitare che le modalità concrete di attuazione del portato normativo creino difficoltà interpretative ed applicative. Ad ogni buon conto si riporta il passaggio testuale dell’articolo che proroga i temini dello smart working (nel pubblico e nel privato), specifica in quale modo i docenti potranno realizzare attività di lavoro agile e a quali compiti possono essere adibiti.
“DECRETO-LEGGE 29 settembre 2023, n. 132. Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini normativi e versamenti fiscali. Art. 8. Proroga del termine in materia di lavoro agile per i lavoratori fragili 1. All’articolo 1, comma 306, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, le parole: «30 settembre 2023» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2023» ed è aggiunto, — 10 — 29-9-2023 GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Serie generale – n. 228 in fine, il seguente periodo: «Per le finalità di cui al primo periodo, il personale docente del sistema nazionale di istruzione che svolge la prestazione in modalità agile è adibito ad attività di supporto all’attuazione del Piano triennale dell’offerta formativa»”.
Se questo chiarimento fosse stato esplicitato nei vari rinnovi tardivi della tutela dello smart working, ai docenti fragili sarebbe stata assegnata una mansione riguardante la “formazione”, evitando dubbi interpretativi, provvedimenti restrittivi e rinunce allo smart working stesso in assenza di istruzioni esplicite. È trascorso ad esempio l’intero mese di settembre e ciascun docente certificato “lavoratore fragile con patologia certificata” ha negoziato con il proprio capo d’istituto un accordo individuale sul “da farsi”.
In linea di massima ha prevalso il buon senso da ambo le parti ma ci sono stati casi in cui si sono verificati attriti e disparità di vedute. Il dirigente scolastico che pretende che il docente fragile assolva il doveroso orario di servizio giornaliero e settimanale trascorrendo ore ed ore connesso online o in modalità webinar per seguire un corso dietro l’altro, intende la formazione come una serie ininterrotta di lezioni da seguire, senza consentire momenti di riflessione e rielaborazione degli apprendimenti anche in modalità di autoformazione. Non riconosce che i corsi della piattaforma “Scuola futura” hanno calendari di lezioni che si sovrappongono e obbligano ad una scelta: o segui uno o segui l’altro.
Inoltre, che nell’insieme dei corsi a cui ci si può iscrivere ci sono giorni in cui non ci sono lezioni: se non si ricorre ad un webinar differito si rischia di rimanere “scoperti” rispetto al monte ore settimanale da assolvere. Ho stimato che se ogni giorno di smart working viene legittimato solo con la frequenza della lezione di un corso o di un webinar, dal 1° settembre al 31 dicembre (inizio e fine del periodo quantificato dai provvedimenti legislativi) può accadere che un docente arrivi a seguire tra i 300 e i 400 corsi: una prestazione da guinness dei primati che potrebbe integrare la fattispecie del mobbing. Credo che neanche al Massachusetts Institute of Technology (MIT) sia richiesta una prestazione del genere. Ma poiché il provvedimento di cui all’art. 8 del D.L 29/9/2023 n.°132 specifica che gli impegni dei docenti in smart working dovranno vertere sul Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) mi pare che ci sia spazio per una interpretazione più estesa e flessibile dell’impegno richiesto, non dimenticando che la ratio della norma concerne la tutela di soggetti “certificati fragili” dalle Autorità sanitarie competenti.
Senza tacere che un Dirigente scolastico dovrebbe interpretare la formazione con un’accezione più estesa della passiva fruizione di lezioni online – una cosa da fondere il cervello a chi segue decine e centinaia di argomenti tematici diversi – nel senso che formarsi (cioè imparare, migliorare le proprie conoscenze) comporta una metabolizzazione e un’interiorizzazione degli apprendimenti. Come si fa, ad esempio, ad escludere la lettura di un libro come fonte primaria di acculturazione se mai integrata o integrabile con i corsi online?
In questi giorni il Ministro Valditara ha sottolineato l’importanza di questa compresenza – definita et-et, una coesistenza di cultura digitale e cultura tradizionale – e ci si augura che sia lui adesso a dare indicazioni che consentano di realizzare in ogni istituto un piano formativo più flessibile, sostenibile sia fisicamente che psichicamente. Seguire mediamente 100 lezioni online al mese, su temi e argomenti sempre diversi, con l’ansia che salti una lezione per problemi tecnici o organizzativi e il giorno resti “scoperto”, non forma un docente fragile. Se mai lo rende inebetito e confuso, una cosa da alzare bandiera bianca e dire “mi arrendo”.