La riforma di Valditara stroncata dal Consiglio superiore della pubblica istruzione
da il fatto quotidiano
Un papello di punti negativi che si conclude con il “parere negativo” e un invito a “modificare significativamente il testo dello schema di decreto sottoposto al parere, al fine di superare le criticità evidenziate anche in relazione alle problematiche connesse ai tempi di attuazione della sperimentazione che non consentirebbero l’indispensabile informazione alle famiglie, le dovute azioni di orientamento per le studentesse e per gli studenti, i necessari confronti tra i molti soggetti coinvolti nelle reti per costruire relazioni significative”.
Una batosta per l’inquilino di viale Trastevere che era pronto ad anticipare al prossimo anno scolastico la possibilità di attivare in via sperimentale le novità della riforma in esame in questo momento in Senato. Ma vediamo punto per punto le criticità sollevate dal Cspi. La prima: manca un monitoraggio nei confronti dei percorsi quadriennali già avviati nel 2017. A guardare i dati saremmo di fronte ad un fallimento annunciato. “Al momento – scrivono nella relazione i membri dell’organo di garanzia – con riferimento al Piano nazionale di sperimentazione avviato con il Decreto ministeriale 344/2021, si ha contezza solo di quanto emerge dai decreti di autorizzazione pubblicati dagli Uffici scolastici regionali: su mille potenziali nuove classi quadriennali, ne sono state autorizzate complessivamente per tutti gli indirizzi 243, mentre rispetto alle 192 classi autorizzate (poi 175 effettive), ai sensi dei Decreti ministeriali 567/2017 89/2018, è stato chiesto il rinnovo per 98 classi”.
La seconda questione: i tempi sbagliati dell’anticipazione della sperimentazione rispetto alla Legge in esame. C’è uno sfasamento che preoccupa il Cspi: “I contenuti della sperimentazione riportati in questo schema di decreto sono un’anticipazione di quelli al momento oggetto del dibattito parlamentare: il disegno di legge su ‘Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale’. Probabilmente in sede di dibattito parlamentare il Ddl potrebbe essere soggetto a modifiche e l’eventuale emanazione della legge potrebbe rendere complessa la stessa prosecuzione della sperimentazione, i cui esiti potranno essere utilizzati solo dopo sei anni dal suo avvio”.
Stroncata in maniera plateale l’idea dei Ptco nei primi anni: c’è una “tendenza costante verso l’anticipazione di esperienze lavorative che hanno un forte valore formativo se svolte da allievi che abbiano già sviluppato competenze di base e un’adeguata consapevolezza dei propri interessi e attitudini, ma possono risultare insignificanti e perfino pericolose se destinate ad alunni che non siano ancora pronti ad assumere gli atteggiamenti adeguati in contesti reali non scolastici”. Impossibile – a detta del Cspi – coinvolgere gli Its Academy perché “alcuni decreti di attuazione devono essere emanati o sono in una fase transitoria”.
Non passa nemmeno l’idea di aprire la scuola ai dirigenti delle aziende. Il documento è chiaro: “Sarà necessario, altresì, nella fase di definizione degli accordi di partenariato, indicare modalità tali da rispettare le cometenze dei diversi soggetti aderenti alla rete, evitando confusione di ruoli riguardo alla progettazione dell’offerta formativa di cui la responsabilità resta in capo alla scuola”. In sostanza la stroncatura è palese: “Appare impensabile avviare un piano sperimentale già dall’anno scolastico 2024/25, tenendo conto della propedeutica acquisizione dell’Intesa tra regioni e uffici scolastici regionali per la costituzione della rete, oltreché dei contenuti da indicare nel progetto”.