Valditara ci compra i tablet e poi ci vieta di usarli: forse il suo piano digitale era uno scherzo

di Alex Corlazzoli, Il Fatto Quotidiano

So che con un governo di destra osare criticare il potere è rischioso, ma credo ancora nell’articolo 21 della Costituzione e lo faccio da cittadino, da maestro, da giornalista.

La decisione di vietare l’uso di cellulari e tablet per fini didattici (badate bene allo scopo) nella scuola dell’infanzia e alle medie, ma di permetterlo alla primaria, è schizofrenica. Con questa dichiarazione è palese che chi l’ha pronunciata (il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara) – a mio avviso – non conosce i bambini e i ragazzi; è da anni che non resta in un’aula delle elementari o della secondaria di primo grado, per qualche ora, a fare lezione; non ha competenze digitali.

Ma non solo. Il professore leghista di diritto romano o sta facendo propaganda politica in vista delle Europee o ci sta prendendo in giro, perché nelle nostre scuole, proprio grazie ai fondi del Ministero, con il piano digitale 4.0 e con il Pnrr, sono arrivati tablet, carrelli per ricaricarli, attrezzature e dispositivi digitali, attrezzature didattiche integrate con la tecnologia, app, software, contenuti digitali e tanto altro ancora.

Non solo. Il ministro Valditara ha investito – giustamente – 450 milioni di euro per la formazione del personale scolastico alla transizione digitale. Vediamo la questione carte alla mano.

Nelle istruzioni operative del Decreto ministeriale 66/2023, firmato non da mio nonno ma da Valditara , diffuse il 12 dicembre 2023 (quando non c’era al Governo qualcun altro) c’è scritto: La linea di investimento 2.1 “Didattica digitale integrata e formazione alla transizione digitale per il personale scolastico” della Missione 4 – Componente 1 – del Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede la “creazione di un sistema multidimensionale per la formazione continua dei docenti e del personale scolastico per la transizione digitale”, con il coordinamento del Ministero dell’istruzione e del merito, la formazione di “circa 650.000 dirigenti scolastici, insegnanti e personale amministrativo, la creazione di circa 20.000 corsi di formazione”. La formazione del personale scolastico sulla transizione digitale riveste un ruolo strategico nel processo di innovazione di ciascuna scuola e di sviluppo professionale, anche per la sua complementarietà con la linea di investimento 3.2 “Scuola 4.0″.

Nelle stesse istruzioni operative, che mi auguro il ministro abbia letto, è prevista la “Didattica e insegnamento dell’informatica, del pensiero computazionale e del coding, dell’intelligenza artificiale e della robotica, a partire dalla scuola dell’infanzia”. Infanzia, ministro!

Ma c’è di più. Da viale Trastevere – dove mi risulta che abbia sede il ministero dell’Istruzione e del Merito – il 14 gennaio 2023, quando Valditara già passava da quelle parti, hanno diffuso delle Faq sugli investimenti per la scuola 4.0. Andiamo a leggerle: “Con l’azione 1 della linea di investimento “Scuola 4.0” si prevede, infatti, la trasformazione degli spazi scolastici utilizzati per le lezioni curricolari nelle classi delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado in ambienti di apprendimento innovativi, adattabili e flessibili, connessi e integrati con tecnologie digitali, fisiche e virtuali, dotandoli di tutte le tecnologie didattiche più innovative (dispositivi di programmazione e robotica, dispositivi di realtà virtuale, dispositivi digitali avanzati per l’istruzione inclusiva, etc.)”.

Tra gli acquisti possibili c’è definito: “Sono ricomprese tutte le dotazioni tecnologiche necessarie per la trasformazione degli ambienti di apprendimento, quali attrezzature e dispositivi digitali, attrezzature didattiche integrate con la tecnologia, app, software, contenuti digitali, altri beni e accessori necessari per la migliore fruizione didattica delle tecnologie (a titolo esemplificativo, attrezzature per la connettività, carrelli di ricarica, armadi e tavoli tecnologici, tavoli multifunzione, etc.), ovvero tutti quei beni in grado di abilitare l’utilizzo delle tecnologie e l’adozione di metodologie didattiche innovative negli ambienti trasformati”.

Ora il problema si fa serio. Cosa facciamo con tutti i tablet e con tutta la tecnologia arrivata a scuola? La buttiamo perché Valditara ha deciso che i tablet e i cellulari non si usano nemmeno per fini didattici? E tutti i soldi spesi per la formazione? Ora che dovremo tornare a usare solo la Lim e la lavagna d’ardesia, che ne faremo? Ma il ministro c’era quando hanno emesso quei documenti citati sopra?

Ma c’è un altro problema: secondo quanto riportato da Il Foglio (giornale vicino al governo), le ragioni del divieto sarebbero queste: “perché spesso l’utilizzo in proprio di smartphone e tablet diventa nel rapporto tra studenti e docenti un elemento di tensione, che in alcuni casi porta anche all’aggressione del personale scolastico. Meno distrazioni, più responsabilità, più delega”.

Ma cosa cambia tra il tablet e il personal computer? Seguiamo per un attimo il ragionamento del ministro. Il tablet crea tensione perché dà la possibilità (provo a immaginare il pensiero di Valditara) di accedere alla Rete e avere a che fare con informazioni poco opportune o violente per un adolescente o un bambino. Ma un computer portatile non fa la stessa cosa? O forse d’ora in poi potremo usarli senza connessione? Dobbiamo pensare ad una scuola senza Internet? O forse lo deve usare solo l’insegnante? Lui solo detentore della trasmissione, dal predellino della cattedra con la bacchetta in mano e i voti a far paura. Oppure torneremo tutti a quaderno e libro di carta mentre le aziende tanto care al governo di destra cercheranno personale che sappia usare bene tablet, cellulari, social e altro ancora?

Il ministro amico di Matteo Salvini ha scordato probabilmente anche quanto ha scritto nel suo libro È l’Italia che vogliamo, dove diceva: “Le capacità di calcolo simbolico che i pc di nuova generazione stanno sempre più sviluppando renderanno inutile insistere così tanto sulla risoluzione di espressioni alfanumeriche. Gli studenti inevitabilmente troveranno sempre più noioso e provo di senso fare cose che possono essere fatte meglio, senza errori e più velocemente, da un dispositivo informatico”. Siamo sicuri che era la stessa persona?

Ora, al di là che mi viene il sospetto che vi siano in giro più Valditara con idee e pensieri diversi a seconda delle stagioni; ma per affermare quanto ha detto in queste ore, con quali pedagogisti si è consultato? Sarebbe interessante saperlo.

Con i miei ragazzi (10 anni) quando vado in viaggio d’istruzione usiamo il cellulare per prendere appunti, per fare fotografie. In classe abbiamo fatto lo scorso anno un corso di fotografia digitale. Spesso è proprio l’intelligenza artificiale ad aiutarmi a rispondere alle domande dei bambini. Più di 15 anni fa usai i tablet con i bambini di 9 anni grazie ad una sperimentazione portata in Italia dalla Svezia. Perché tutto ciò non si può fare alle medie o all’infanzia ma solo tra i 6 e i 10 anni secondo il ministro?

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