La fuga degli insegnanti di sostegno: così le nuove norme sull’abilitazione rischiano di svuotare di nuovo le graduatorie

di Marco Ricucci, Il Corriere della sera

Un effetto paradossale del decreto che istituisce un nuovo percorso light per l’abilitazione dei precari.

Non bisogna essere Cassandra per prevedere l’esodo di docenti di sostegno verso l’ambizione di una vita: poter insegnare quello per cui si è studiato. Non sarà per tutti così, naturalmente. Ma sicuramente la tentazione di prendere l’abilitazione facilitata con il nuovo sistema die 30 crediti (Cfu) introdotto dalle nuove norme ministeriali per una disciplina specifica potrà attrarre tutti coloro che avevano puntato sul sostegno per entrare di ruolo senza troppo precariato. Dal 2015 infatti vi è stata una vacatio di un qualsiasi percorso di formazione iniziale degli aspiranti docenti, per abilitarli sulla materia, mentre ha fortunatamente continuato a essere svolto, dagli atenei italiani, il Tirocinio Formativo Attivo- Sostegno giunto ad oggi al IX ciclo.

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Ma il dies irae è stato il 15 febbraio 2024, quando il Ministero dell’Università e della Ricerca, con nota 3042, comunica che i percorsi abilitanti, ai sensi dell’art. 13 comma 6 DPCM 4 agosto 2023 (30 CFU), possono essere attivati dalle università accreditate. Come manna caduta dal cielo, il corso 30 CFU permette di entrare nella terra promessa: esso è riservato ai docenti già in possesso di abilitazione su una classe di concorso o su un altro grado di istruzione, nonché ai docenti specializzati sul sostegno. In meno di tre mesi, seguendo comodamente a casa propria (il corso è interamente online) senza esami intermedi e senza tirocinio in una scuola, si consegue l’abilitazione sulla materia, avendo ovviamente come requisito indispensabile il possesso del titolo di studio con riferimento alla classe di concorso come da tabelle MIUR/MIM. Alla fine del percorso, davanti alla Commissione, si deve«simulare» una lezione, e tutto si conclude qui. Cosa si vuole di più? Come uscire dall’Inferno ed entrare in Paradiso.

L’autogol del ministero

Qual è il possibile autogol che il Ministero dovrà affrontare? Migliaia di docenti specializzati sul sostegno si guarderanno bene dal prendere supplenze, persino di entrare in ruolo, su posti specificatamente dedicati ad alunne e alunni con disabilità, anche se per legge il docente di sostegno è assegnato alla classe intera.
Verosimilmente, molti, muniti della abilitazione sulla materia conseguita come menzionato, preferiranno prendere supplenza sulla propria materia, scavalcando chi non ce l’ha nella graduatorie provinciali. Addirittura, qualcuno preferirà aspettare l’immissione in ruolo sulla propria disciplina, perché, se è vero che con il sostegno è quasi scontato avere un contratto a tempo indeterminato nella scuola, è tuttavia altrettanto vero che, al momento, vi è il vincolo quinquennale dopo il quale si può chiedere il passaggio sulla materia. In realtà sono 6 se si conta l’anno di immissione in ruolo e sono anni che gira una inquietante voce: si vuole portare il vincolo da 5 a 10 anni, per evitare questa girandola di docenti.

Il rischio di perdere i posti

Cosa dunque accadrà? Una selezione darwiniana: rimarranno sul sostegno i docenti che ci credono veramente a beneficio di alunne e alunni con disabilità, e tutti gli altri, pur specializzati con formazione mirata, potranno coronare il sogno di una vita: insegnare la propria materia. Una scelta con effetti potenzialmente devastanti, ancora una volta, per i ragazzi e le ragazze più deboli, che dovranno accontentarsi di insegnanti non abilitati e non specializzati.

L’abilitazione selettiva

Ma non è finita qui. Il Tfa-sostegno, erogato al momento solo dalle università tradizionali e non da quelle telematiche, per il divieto esplicito delle lezioni online nella normativa, è un percorso altamente selettivo in entrata, con frequenza obbligatoria in presenza: ci sono esami accademici relativi alla pedagogia speciale, laboratori di didattica disciplinare in chiave inclusiva, il tirocinio diretto in una scuola e una rielaborazione metariflessiva in un tirocinio indiretto, con un approfondimento delle tecnologie per insegnamento. Un percorso così selettivo e arduo che molti esclusi hanno deciso di prendere un titolo «analogo» all’estero come ad esempio in Albania e in Romania, paesi in cui esistono ancora le scuole speciali, abolite in Italia nel 1977. E allora? A suon di carte bollate, moltissimi che hanno seguito un titolo in rumeno o in albanese, spesso aiutati da organizzazioni italiane, pagando moltissimo, rivendicano il diritto di farlo valere in Italia.

Il percorso facilitato

Il Ministero non ha mai effettivamente dato pieno riconoscimento ai titoli esteri nel campo. Per mettere una pezza a questa contraddizione, il Ministro Valditara ha proposto di affidare, prossimamente, la formazione dei docenti di sostegno con almeno tre anni di supplenza o con titolo estero all’INDIRE che dipende strettamente dal MIM, con un percorso più “soft” rispetto a quello formulato dalle università del Belpaese.

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