I pedagogisti: fuori i genitori dalla scuola

di Salvo Intravaia, la Repubblica, 8.9.2024.

I pedagogisti invocano un passo indietro: “Stanno trasformando i figli in pupazzi contestano i voti e gli rifanno i compiti”. A pochi giorni dall’avvio dell’anno scolastico, l’appello degli esperti: “Nelle aule non abbiamo più soltanto gli alunni ma, per ognuno di loro, abbiamo anche una mamma e un papà e la loro ombra più o meno lunga. Si sostituiscono ai bambini per rendere il disagio più sopportabile”

Genitori che sistemano meticolosamente lo zaino ai propri figli, anche al liceo. Genitori che pretenderebbero di concordare il voto delle verifiche col docente. Genitori che mettono bocca su qualsiasi cosa. Genitori che hanno smesso di fare i genitori e sono diventati i sindacalisti dei figli. Il campionario è vario ma psicologi, pedagogisti, psichiatri e filosofi concordano sul fatto che mamme e papà troppo invadenti stanno danneggiando i propri figli. Da qui l’appello provocatorio di restare “fuori dalla scuola”.

L’anno scolastico sta per iniziare. E già in tanti chiedono lo stop ai genitori a scuola. Perché non è raro che due minuti dopo avere attribuito un quattro sul registro elettronico arrivi una mail di richiesta di colloquio al docente interessato. O che i ragazzi chiedano di caricare i voti sul registro elettronico di lunedì, altrimenti se arriva un’insufficienza il weekend si resta a casa in punizione. «Il registro elettronico è una vera follia — spiega Raffaele Morelli, psicoterapeuta — I ragazzi non possono più bigiare, marinare le lezioni, assumendosene la responsabilità. I suicidi sono aumentati del 500% e gli atti di autolesionismo sono in crescita. Ma che i genitori partecipino a tutto questo è gravissimo».

Rincara la dose lo psichiatra Paolo Crepet: «Il registro elettronico è la più grande boiata che abbiano mai potuto inventare». La diavoleria introdotta alcuni anni fa ha privato gli alunni di sbagliare, togliendo loro qualsiasi autonomia. E rendendoli sempre più fragili. «Nelle aule scolastiche — aggiunge il pedagogista Daniele Novara — non abbiamo più soltanto gli alunni ma, per ognuno di loro, abbiamo anche due genitori e la loro ombra più o meno lunga». E parla dei compiti per casa. «Il caso dei compiti è eclatante. Specie alla primaria e alla secondaria di primo grado. Spesso non si capisce chi li fa — spiega — neanche fossero un’opera collettiva di carattere familiare». E lo sa bene Patrizia Borrelli, che insegna alla primaria Domenico Purificato di Roma: «Preferiscono che non li facciano piuttosto che fatti dai genitori». Poi spiega: «I genitori si sostituiscono ai propri figli anche nelle cose più semplici per rendere loro il disagio più sopportabile. A casa i bambini dovrebbero curare i materiali scolastici per il giorno dopo: temperare le matite, sistemare gli astucci, vedere se sono rimaste merendine nello zaino». Ma spesso la docente nota che gli zaini sono troppo ordinati. Per Morelli «stiamo trasformando i bambini in pupazzi». E punta il dito sulla ipercompetizione veicolata quasi sempre da mamme e papà primi della classe.

«Il tema — ammonisce l’esperto — è capire le caratteristiche di tuo figlio non le performance scolastiche che può fornire». E fornisce un quadro dei nostri giovani piuttosto preoccupante. Lui li conosce bene perché ne passano tanti dal suo studio di Milano. «I nostri giovani non hanno più fantasia». E i brutti voti diventano una tragedia. «Il dolore — spiega — è il più potente farmaco per il cervello: i ragazzi devono scoprire noia, sconfitte, difficoltà. A scuola devono imparare che è anche possibile che ti innamori e non sei corrisposto. Con i figli, oggi, si parla troppo: i due mondi devono restare agli antipodi».

«Questi attuali — aggiunge Crepet — sono i peggiori genitori della storia: accondiscendenti, senza carisma. E hanno insegnato ai propri figli che bisogna aspettare l’eredità. Questo approccio è l’opposto dell’educazione». E per difendere i propri alunni dai genitori, le scuole hanno iniziato a prendere le contromisure: oscurare i voti del registro elettronico o abolirli del tutto durante l’anno. Ansia, dimagrimenti improvvisi e competizione spinta all’estremo sono ormai all’ordine del giorno. Soprattutto nelle classi dei licei frequentati dai figli delle famiglie che contano. Da settembre a giugno, la vita trascorre tra attività scolastiche e verifiche, che prevedono i famigerati voti. Un tre o un quattro, oltre a non essere digerito dai figli risulta ancora più indigesto ai genitori. «Le famiglie — racconta Sergio Lojercio, 54 anni, docente di Matematica e Scienze all’omnicomprensivo di Luzzi, in provincia Cosenza — fanno mancare il fiato ai docenti. Interferiscono sulla didattica e protestano sulla valutazione».

I ragazzini seguiti da psicologi e psichiatri sono in aumento. Lorenzo Varaldo, dirigente scolastico istituto comprensivo Sibilla Eleramo di Torino, ha analizzato a fondo la situazione. «I ruoli — spiega — si sono confusi: la famiglia è la sede primaria dell’educazione, la scuola è la sede dell’elaborazione della conoscenza. Se i due ruoli non vengono tenuti distinti si crea il cortocircuito». E sugli alunni ingestibili, quelli che mettono sottosopra una classe, è chiaro. «Ne abbiamo avuti diversi — racconta — ma basta contenerli. È un bene per loro e per la classe». Per Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, non è “praticabile un ritorno alle modalità relazionali del passato ma si può disciplinarne meglio la presenza dei genitori nella realtà scolastica».

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