Quanto guadagnano gli insegnanti in Europa e nel Mondo? La classifica
di Simone Micocci, Money
Stipendio degli insegnanti in Europa e nel Mondo, la classifica aggiornata nel nuovo rapporto Ocse. Ecco dove sono i docenti italiani.
Stilando una classifica degli stipendi medi effettivi degli insegnanti nella scuola secondaria inferiore (le medie), ne risulta che l’Italia è nella parte centrale, appena al di sotto della media Ocse e di quella Ue, confermando quindi le preoccupazioni di chi oggi ritiene che gli investimenti fatti in favore di questi professionisti siano ancora insufficienti per garantire il raggiungimento degli standard europei e mondiali.
Lo stipendio di un insegnante in Italia (che potete approfondire qui) dimostra che nel nostro Paese non c’è la giusta attenzione nei confronti di chi ricopre un ruolo di primo piano per l’ordinamento, andando a formare i lavoratori del domani che dovrebbero contribuire alla crescita del Paese.
Va detto che rispetto ai dati contenuti dall’indagine Ocse, che prende come riferimento il 2023, lo stipendio di un insegnante verrà presto aumentato per effetto del rinnovo di contratto. Ma alla luce della distanza che ci separa dai Paesi con economie simili alla nostra, l’aumento (che dovrebbe essere di circa 160 euro medi e lordi) potrebbe non bastare.
La classifica degli stipendi degli insegnanti in Europa e nel Mondo
Come anticipato, nel rapporto “Education at a Glance 2024” l’Ocse confronta gli stipendi medi effettivi degli insegnanti della scuola secondaria in base a quanto guadagnato nell’anno 2023, prendendo in esame solamente le istituzioni pubbliche.
Per uniformità, prenderemo in considerazione nella nostra classifica il salario minimo e non la media degli stipendi, poiché quest’ultima non è indicata per tutti i Paesi.
Per quanto riguarda lo stipendio minimo, da intendere quindi come lo stipendio di ingresso, la classifica è la seguente:
Pochi investimenti in relazione al PIL
Il fatto che gli insegnanti italiani siano tra i meno pagati in Europa e nel Mondo è una conseguenza del fatto che lo Stato investe poco nell’istruzione, o comunque meno rispetto a quelle che sarebbero le nostre possibilità.
Come emerge dallo stesso rapporto, infatti, la spesa pubblica per l’istruzione in Italia equivale al 4% del Pil, meno rispetto alla media dei Paesi Ocse, pari al 4,9%. Anche su questo dato, come possiamo notare dalla seguente classifica, il nostro Paese non eccelle.
Quanto spendono i Paesi per l’istruzione in relazione al PIL (dati aggiornati al 2021)
- Norvegia: 6,5%
- Regno Unito: 6,2%
- Islanda: 6%
- Israele: 6%
- Cile: 5,8%
- Australia: 5,8%
- Stati Uniti: 5,8%
- Belgio: 5,6%
- Danimarca: 5,5%
- Svezia: 5,4%
- Francia: 5,3%
- Finlandia: 5,3%
- Olanda: 5,3%
- Nuova Zelanda: 5,3%
- Canada: 5,2%
- Korea: 5,1%
- Portogallo: 4,9%
- Media Ocse: 4,9%
- Austria: 4,9%
- Spagna: 4,8%
- Media UE: 4,8%
- Polonia: 4,5%
- Slovenia: 4,5%
- Germania: 4,5%
- Repubblica Ceca: 4,5%
- Estonia: 4,4%
- Slovacchia: 4,3%
- Turchia: 4,1%
- Messico: 4,1%
- Ungheria: 4%
- Lettonia: 4%
- Italia: 4%
- Giappone: 3,9%
- Croazia: 3,9%
- Lituania: 3,5%
- Bulgaria: 3,5%
- Lussemburgo: 3,3%
- Irlanda: 2,8%
- Romania: 2,5%
Il problema quindi è che l’Italia dedica poche risorse, o comunque meno rispetto a quanto fanno altri Paesi, agli investimenti sull’istruzione e ciò si ripercuote anche sugli stipendi percepiti dai docenti, come pure sullo stato degli edifici e sull’offerta formativa.
Problemi che si ricollegano anche a un altro fattore, quello dell’abbandono scolastico. Secondo i dati più recenti, infatti, il 20% dei giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni non ha completato le scuole superiori, rispetto alla media Ocse del 14%, il che inevitabilmente si ripercuote sulle difficoltà di trovare un lavoro, accrescendo così il tasso di disoccupazione con tutte le conseguenze del caso.