Dall’Educazione civica al voto in condotta

di Laura Donà, Scuola7,  n. 400 del 30.9.2024.

La scuola e il principio di realtà.

 

Anche in questo inizio di anno scolastico (2024-2025), come accade quando si riavviano tutte le operazioni scolastiche dopo la pausa estiva, dirigenti, docenti e personale amministrativo sono chiamati a svolgere una serie di attività straordinarie per garantire un buon inizio. Quest’anno il Ministero dell’istruzione e del merito ha emanato altri provvedimenti che esulano da quelli routinari: dalle nuove linee guida per l’educazione civica al voto di condotta, dalla revisione delle sanzioni disciplinari agli studenti al ripristino dei giudizi sintetici per la valutazione nella scuola primaria.

Il voto in condotta

Il 25 settembre scorso l’assemblea generale della Camera ha approvato in via definitiva il DDL Valditara sul voto in condotta, con 154 voti a favore, 97 contrari e 7 astenuti. Ora il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. I giudizi sintetici restano solo nelle scuole primarie. Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, si introduce l’attività di cittadinanza solidale per chi viene sospeso e si prevedono multe per aggressioni al personale scolastico. Secondo il Ministro dell’istruzione e del merito “la legge rappresenta un passaggio fondamentale per la costruzione di un sistema scolastico che responsabilizzi i ragazzi e restituisca autorevolezza ai docenti”. Ma sarà proprio così?

L’utilità delle nuove regole

Se da un lato le problematiche comportamentali degli alunni, gli episodi di violenza e bullismo costituiscono un fenomeno che dobbiamo sicuramente contenere e direzionare, dall’altro saranno il tempo e le modalità applicative delle scuole a mostrare l’efficacia di questi provvedimenti.

Siamo dell’avviso, tuttavia, che le norme relative alle sanzioni disciplinari degli alunni dovevano essere riviste e che, allo stesso modo, era pure importante riflettere sul senso della “sospensione” perché, per dare un segnale della tenuta del sistema, riducendo così anche la deriva dell’abbandono, è opportuno offrire agli studenti “più scuola” e non “meno scuola”.

L’introduzione delle nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica e la modifica della valutazione della scuola primaria possono comportare, invece, sovraccarichi di lavoro per i docenti, di dubbia utilità. Le scuole si trovano oggi in una fase di consolidamento delle norme precedenti e cambiare subito, a partire dall’anno in corso, senza una preventiva formazione, può sicuramente creare fenomeni di destabilizzazione.

Comunque, sono misure che sottendono una logica sovraordinata, far cogliere, cioè, a famiglie e alunni che andare a scuola è un impegno, comporta doveri oltre che diritti e che le regole presenti vanno rispettate per una buona convivenza civile nelle sezioni, nelle classi, nelle scuole e nella comunità più vasta.

Il principio di realtà

Il principio di realtà è un concetto che ha origine nella psicoanalisi, è quello che regola l’attività mentale, è associato alla ricerca del piacere immediato e al rinforzo, ha funzioni regolative e ha lo scopo di rinviare la gratificazione in funzione delle condizioni imposte dal mondo esterno. Da un punto di vista economico corrisponde ad una trasformazione dell’energia libera in energia “legata” secondo gli studi afferenti al pensiero freudiano.

La scuola, a pieno titolo, opera sul principio di realtà e spesso funge da ‘terzo educatore’ rispetto alla famiglia e ai docenti perché fornisce un contesto di regole analoghe per tutti e contiene forme di equità nel controllo degli impulsi emotivi.

Dagli anni ’90 e particolarmente dal terzo millennio, complici la trasformazione delle famiglie, la riduzione della natalità e una crescita di attenzioni adulte nel garantire il massimo benessere dei figli e dei giovani, queste funzioni regolative sono sempre più affidate ad istituzioni diverse dal contesto affettivo familiare. La scuola si è quindi trovata improvvisamente ad occuparsi anche di aspetti educativi di base quali: far rispettare regole, costruire l’autocontrollo, gestire le emozioni, regolamentare le condotte nel rapporto tra pari.

Psicologi, neuropsichiatri ed esperti del settore confermano come la scuola, in molti casi svolge funzioni di contenimento di comportamenti difficili e fornisce un ‘ridimensionamento’ dei bisogni individuali, tutti ingredienti necessari perché ragazzi e giovani si possano confrontare con la realtà e fare i conti con il fatto che non sempre le cose vanno come ognuno vorrebbe.

A monte di queste considerazioni, proprio per fronteggiare queste situazioni, occorre ci siano scuole, dirigenti e docenti sensibili e preparati.

Un sondaggio sui mali della scuola

Questa riflessione muove dai recenti dati pubblicati su “Il Gazzettino” del 25 settembre scorso[1] che ha riportato una ricerca svolta dall’osservatorio nord est[2].

L’indagine parte da una domanda rivolta ad un campione di 1.000 persone costituito da studenti, operai, professionisti, tecnici, impiegati, imprenditori, casalinghe, disoccupati e pensionati: “Qual è, secondo lei, il principale problema della scuola italiana?”

Dalle risposte sono emersi dati di tendenza molto interessanti. In generale la maggior parte delle persone interpellate ritiene che gli elementi di maggior problematicità siano, nell’ordine:

  • la mancanza di risorse per la didattica;
  • la presenza di violenze nelle scuole e di bullismo;
  • la scarsa qualità dei docenti;
  • una certa arretratezza dei programmi.

Risorse

Sul tema delle risorse c’è una percezione che, di fatto, si discosta dalla realtà. Sappiamo che negli ultimi due anni le scuole hanno ricevuto molti finanziamenti con il PNRR e in molti casi questi fondi sono stati investiti proprio sugli ambienti di apprendimento. Sappiamo, però, che non tutte le istituzioni scolastiche sono, di fatto, nelle condizioni di fruire al massimo di tali finanziamenti per diverse ragioni: non sempre i fondi messi a disposizione corrispondono alle reali esigenze delle scuole; non sempre il personale amministrativo è preparato e disponibile; ci sono lentezze burocratiche che ritardano l’acquisizione dei beni.

Violenze

Le violenze e il bullismo sono percepiti nel sondaggio come uno dei principali problemi, soprattutto dalle casalinghe e dai pensionati. Gli studenti e gli altri soggetti intervistati sono di diverso avviso. Tale risultato sta, forse, a testimoniare che su tali comportamenti la scuola, molto spesso, non ne è direttamente coinvolta, ma subisce ciò che gli alunni compiono, come derivato dalle loro relazioni implicite che non sempre sono di facile lettura. In aggiunta va detto che la scuola permette spazi di libertà, nell’incontro con altri, nei momenti di ingresso-uscita, nel percorso casa-scuola, negli intervalli delle lezioni: è in questi spazi che, alcune volte, gli alunni manifestano tensioni, diverbi e scontri. Le nuove norme intervengono sulle violenze con strumenti punitivi che vogliono essere più efficaci. Il problema principale è, in ogni caso, quello di prevenire l’insorgere di tali comportamenti e agire pedagogicamente trasformando i conflitti in occasioni di confronto e di dialogo costruttivo.

Scarsa qualità dei docenti

Rispetto alla scarsa qualità dei docenti la risposta del sondaggio, pur essendo generica, fotografa la necessità di supportare le professionalità, difendendole dalle aggressioni, ma anche garantendo una corretta impostazione della relazione educativa e un efficace approccio ai processi di insegnamento-apprendimento. Da sottolineare che questo problema è ritenuto maggiormente rilevante dai liberi professionisti, imprenditori e impiegati.

Arretratezza dei programmi

Sulla arretratezza dei programmi sono soprattutto gli studenti a porvi l’accento, seguiti dagli operai e dai disoccupati, quasi a voler intendere che quanto la scuola propone non intercetta i loro interessi e loro necessità. Su questo aspetto occorre che i decisori politici si interroghino sulle Indicazioni e sui curricoli nazionali e le scuole riflettano bene nel momento in cui definiscono le priorità nel piano triennale dell’offerta formativa, nella valutazione degli esiti e, soprattutto, nei processi di miglioramento. Sicuramente, se si garantisce un buon insegnamento, se si riesce a motivare gli studenti verso l’amore per la conoscenze per lo studio, si ridurranno contestualmente anche i comportamenti inadeguati e le nuove generazioni saranno di certo più competenti.


[1] Il Gazzettino del 25 settembre 2024, articolo a cura di Adriano Favaro.

[2] L’Osservatorio nord est è curato da Demos &PI, diretto da Ilvo Diamanti, il sondaggio oggetto del commento è stato svolto dal 9 al 13 settembre 2024, l’intero documento è rinvenibile sul sito www.agcom.it

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