Dati del concorso: il divario Nord-Sud La recente tornata di concorsi ha evidenziato, ancora una volta, un forte squilibrio geografico tra l’offerta di cattedre e la domanda dei candidati. Dei 19.032 posti totali messi a concorso a livello nazionale, quasi la metà si trova nelle regioni del Nord, con la Lombardia che da sola rappresenta oltre un terzo delle cattedre disponibili, specialmente per la scuola dell’infanzia e primaria. Nello specifico, la distribuzione è così articolata:
Lombardia : 2.178 posti totali, di cui 142 per l’infanzia e ben 2.036 per la primaria; Piemonte : 797 posti (108 infanzia, 689 primaria); Veneto : 676 posti (1 infanzia, 675 primaria); Emilia-Romagna : 295 posti (6 infanzia, 289 primaria); Liguria : 225 posti (10 infanzia, 215 primaria). Al contrario, nelle regioni del Sud come Campania e Sicilia, la percentuale di posti messi a bando è estremamente ridotta rispetto alla numerosità degli aspiranti. Basti pensare che:
In Campania , a fronte di 21.080 aspiranti , sono stati offerti appena 338 posti , con una percentuale dello 1,6% . In Sicilia , la situazione è analoga: 233 posti per 16.516 candidati (1,41%). Questo squilibrio rende la competizione nel Sud estremamente elevata, mentre al Nord, nonostante l’abbondanza di posti, mancano i candidati disposti a trasferirsi.
Lavorare nella scuola: un’opzione poco attrattiva al Nord L’ampia disponibilità di cattedre al Nord non riesce a colmare i vuoti in organico per una serie di ragioni. Prima fra tutte, il costo della vita estremamente elevato, soprattutto nelle grandi città come Milano e Torino, dove gli affitti possono facilmente superare i 1.000 euro al mese . A fronte di stipendi che per i neoassunti si aggirano intorno ai 1.500 euro mensili , lavorare nelle scuole settentrionali diventa una scelta economicamente insostenibile.
Questa situazione riguarda non solo i docenti , ma anche il personale ATA, amministrativi e collaboratori scolastici, che percepiscono stipendi ancora più bassi, e perfino i dirigenti scolastici affrontano le stesse difficoltà economiche. La carenza di dirigenti scolastici al Nord è altrettanto evidente: la responsabilità e l’impegno richiesti per gestire istituti complessi non sono bilanciati da compensi adeguati. Questo spinge molti a preferire altre opportunità lavorative.
Il privato offre di più: una concorrenza impari A parità di formazione e competenze, il settore privato offre condizioni di lavoro nettamente migliori rispetto alla scuola pubblica. Nel Nord Italia, dove l’industria e il terziario avanzato sono particolarmente sviluppati, un laureato o un diplomato può aspirare a stipendi significativamente più alti e contratti più vantaggiosi rispetto a quelli proposti dalla scuola.
Un laureato in materie scientifiche o tecniche può trovare occupazione in settori come l’ingegneria, l’informatica e la consulenza, con stipendi iniziali che superano spesso i 2.000 euro netti mensili. Anche i diplomati possono accedere a posizioni nei settori manifatturiero, commerciale o logistico, con retribuzioni e benefit di gran lunga superiori a quelli previsti per il personale ATA.
Di fronte a questa realtà, non sorprende che le scuole del Nord fatichino a reclutare personale qualificato. Il lavoro scolastico viene percepito come meno remunerativo e più gravoso, sia per le condizioni economiche che per le crescenti responsabilità, aggravate spesso da organici ridotti. Senza contare l’ appeal della scuola, oramai da anni in caduta libera.
Il vincolo triennale: un deterrente con effetti imprevisti A complicare ulteriormente la situazione vi è il vincolo di permanenza triennale , pensato per impedire ai docenti neoassunti di richiedere il trasferimento in un’altra regione nei primi tre anni di servizio. Questa misura, pensata per garantire una maggiore stabilità alle scuole del Nord, ha avuto l’effetto invece di allontanare ulteriormente i candidati provenienti dal Sud.
Molti aspiranti docenti, pur vincendo un concorso, preferiscono rinunciare alla cattedra piuttosto che affrontare un trasferimento in una regione lontana con l’impossibilità di rientrare in tempi brevi.
Cattedre vacanti e ripercussioni sulla qualità dell’istruzione La carenza di personale scolastico al Nord non è solo un problema gestionale, ma ha ripercussioni dirette sulla qualità dell’istruzione. Le cattedre vacanti vengono spesso coperte con supplenze brevi o da insegnanti non specializzati, in particolare nel caso dei posti di sostegno , dove la situazione è più critica.
Basti pensare che dei 13.133 posti di sostegno banditi nelle regioni settentrionali, i candidati erano appena 5.957 , meno della metà.
Questo significa che migliaia di studenti con disabilità rischiano di non ricevere il supporto adeguato, con gravi conseguenze per il loro percorso educativo.
Rendere attrattiva la scuola? La situazione attuale richiede interventi strutturali che vadano oltre la semplice organizzazione di nuovi concorsi. La sfida per il Ministero dell’Istruzione, guidato dal ministro Valditara, è quella di rendere il lavoro scolastico più attrattivo , soprattutto nelle regioni settentrionali.
Tra le possibili soluzioni:
Incentivi economici : Aumentare gli stipendi per il personale scolastico impiegato al Nord, introducendo bonus e agevolazioni per coprire i costi abitativi. . Supporto logistico : Offrire alloggi convenzionati o rimborsi per l’affitto ai docenti e ATA che accettano di trasferirsi. . Superamento del vincolo triennale : Introdurre misure di flessibilità che permettano il rientro graduale nelle regioni di origine. . Valorizzazione professionale : Investire nella formazione e nella crescita professionale del personale scolastico, per rendere la carriera più soddisfacente. . Senza interventi concreti e mirati, la carenza di personale al Nord rischia di diventare una problematica cronica, con gravi ripercussioni sul sistema scolastico e sull’intero paese. La scuola pubblica deve tornare ad essere un luogo di lavoro stimato e sostenibile, capace di competere con le opportunità offerte dal settore privato.