Basta con i “bonus”, ci vogliono aumenti stipendiali veri
di Rosario Melissa, La Tecnica della scuola
Finite le feste ecco che il nostro Governo, attraverso l’approvazione della Legge di Bilancio 2025, ci “regala” un nuovo Bonus una tantum. Il Bonus, come recita la Legge, viene introdotto per valorizzare la figura del docente e promuovere la continuità didattica. In particolare, chi negli ultimi 5 anni non ha mai chiesto né trasferimento, né assegnazione o utilizzazione avrà diritto a 800 euro lorde di Bonus.
Nella pratica, in barba all’articolo 29 della nostra Costituzione, questo Bonus premia chi decide di stare lontano dalla famiglia e in Italia oltre il 30% dei docenti lavora lontano da casa e dalla propria famiglia.
E, se si contano anche i docenti che sono rientrati a casa negli ultimi 5 anni, saliamo quasi al 40%, escludendo ovviamente anche tutti i precari. Insomma un bonus per pochi, che come sempre appare molto simile ad una presa in giro!
Perché è a tutti gli effetti una elemosina, peraltro pesantemente discriminatoria che non determina alcun effetto positivo sul fronte dei consumi. Consumi che versano in una situazione di forte stallo: la mancia del governo basterà, infatti, al massimo per acquistare qualche prodotto in più al Discount per un solo mese, senza migliorare assolutamente la situazione economica dei docenti.
Quindi, riassumendo, noi italiani, nella fattispecie noi docenti italiani, fatichiamo a far quadrare i conti tra tasse, aumenti del costo dell’energia, dei servizi essenziali e delle cure mediche, il tutto in un momento storico in cui vivere in una casa riscaldata sta diventando sempre più un lusso e in cui concedersi una piccola spesa straordinaria è sempre più difficile, in barba agli extraprofitti dei nostri parlamentari, sempre più orientati all’assistenzialismo piuttosto che a promuovere un aumento degli stipendi adeguato agli attuali costi della vita.
E così una piccola percentuale di docenti riceverà questo bonus che basterà a malapena a pagare le bollette di luce e gas di un bimestre, lasciando comunque tutta la categoria “immutatamente” e praticamente povera. Perché il tema di fondo di questo governo è che il lavoro deve restare povero. Sembra proprio che il suo impegno principale sia quello di mantenere la moderazione salariale, che tradotto vuol dire lavoro sottopagato. Insomma siamo di fronte all’ennesimo provvedimento vuoto, alla solita pubblicità ingannevole, al consueto disegno di una classe politica che investe sempre meno sull’istruzione, rendendo il Paese sempre più arido!