Hikikomori: colpa dei videogiochi? Sono l’effetto non la causa
da la tecnica della scuola
In Italia sarebbero circa 60mila i ragazzi hikikomori che decidono di ritirarsi dalla vita sociale spinti dalla paura ad affrontare il mondo, per cui appare importante trasmettere loro un messaggio chiaro: chiudersi in casa, evitare la scuola o gli impegni, sottrarsi alle relazioni non è una vera soluzione: è solo una tregua momentanea al dolore.
Vita.it riporta una inchiesta su questo fenomeno che appare sempre più in espansione, tanto che è uscito una piccola guida per i genitori al fine di offrire loro informazioni e strumenti utili per comprendere e affrontare il problema.
Ed essa è collegata all’Associazione A.M.A., un’organizzazione di volontariato nata a Trento che dal 1995 si occupa di promuovere il benessere delle persone attraverso l’attivazione di gruppi di auto mutuo aiuto e altre iniziative di mutualità.
E proprio grazie a questa associazione e agli incontri con famiglie immerse in tali problematiche, è sembrato che il fenomeno sia in aumento, tanto che “nell’ultimo anno e mezzo oltre 50 nuove famiglie si sono rivolte ad AMA per una consulenza”.
“Il fenomeno del ritiro sociale -spiegano gli esperti- si manifesta tendenzialmente all’inizio delle superiori, quindi tra ragazzi che hanno un’età compresa fra i 14 e i 20 anni, ma ci sarebbero anche adulti, quindi “persone che si sono ritirate dieci o vent’anni fa quando non si parlava ancora di ritiro sociale e quindi non si affrontavano le cause”.
Tra le cause di tale “ritiro”, viene spiegato, potrebbe esserci l’uso eccessivo di videogiochi, mentre in realtà sono l’effetto non la causa. Ritiro sociale e abuso di videogiochi sono due fenomeni che si accompagnano. “Paradossalmente, il videogioco rappresenta spesso un tentativo di soluzione del problema da parte del ragazzo. In quel contesto virtuale, infatti, riesce a fare ciò che nella realtà gli risulta difficile: instaurare relazioni, interagire con gli altri, sentirsi parte di un gruppo. Per questo motivo sconsigliamo fortemente ai genitori di eliminarli bruscamente da un giorno all’altro. All’interno del videogioco il ragazzo vive esperienze sociali che, se ben comprese e accompagnate, possono diventare una risorsa per aiutarlo a uscire dal ritiro. In realtà noi parliamo di ritiri sociali, al plurale. Perché ogni caso porta con sé una forte componente di soggettività: ogni ragazzo o ragazza vive questa esperienza in modo diverso”.
Tuttavia tra gli elementi maggiormente riscontrati ci sarebbero una marcata rigidità di pensiero e una visione dicotomica del mondo in cui esiste solo il giusto o lo sbagliato, senza spazio per il compromesso e dunque si tratta di ragazzi che faticano a stare nei gruppi allargati, preferendo relazioni più strette, individuali. Non a caso il fenomeno si presenta proprio durante l’adolescenza, fase in cui il confronto con l’altro e la capacità di mediazione diventano fondamentali.
Per questo è importante, viene ancora spiegato, lavorare con i genitori per aiutare i ragazzi perché in un’epoca di cambiamento della società, cambia anche il modo in cui le persone stanno male. È fondamentale capirlo, per togliere lo stigma che il fenomeno degli hikikomori mette sui genitori che vengono giudicati come se fossero deboli, assenti e accondiscendenti. E invece spesso hanno provato a spegnere il modem, spalancare le finestre e togliere le coperte, hanno tentato tutto, ma con scarsi risultati.
Molti genitori, nel tentativo di proteggere, finiscono per sostituirsi ai figli: cercano soluzioni al posto loro, spostando il focus fuori da loro stessi, sui compagni, sulla scuola, sulla società. Ma il vero compito educativo- dicono- è accompagnare i ragazzi nell’affrontare le difficoltà, trasmettere l’idea che ce la possono fare, che hanno le risorse per farlo.
Aiutarli a diventare adulti e per questo è importante aiutare i genitori a passare da una modalità di protezione e risoluzione dei problemi del figlio a una di svincolo. I ragazzi devono comprendere che hanno gli strumenti per confrontarsi con il mondo.