A cosa serviva la cultura?

Di Aquilalenta da Il gessetto

Sono anni che nei collegi dei docenti non si ode più la parola “cultura”. Il PTOF della mia scuola è lungo più di 200 pagine e questa parola è completamente assente. A cosa serve oggi la scuola, dunque? Ad educare! Quando sento questa parola associata alla scuola la mia mente va ai regimi totalitari passati e presenti…

Anche ai politici italiani l’idea della scuola che educa piace. Quanto piace! Ogni volta che si verifica una qualsiasi emergenza (per fare un esempio: i femminicidi) essi chiedono aiuto alla scuola che deve trovare il tempo per una nuova educazione, specifica contro l’emergenza del momento. E come si trova questo tempo? Eliminando dal programma di italiano un brano di letteratura, da quello di geografia una regione d’Italia e così via, sacrificando a turno tutte le materie tradizionali.

 

 

I risultati li possiamo osservare in un articolo della Gazzetta dello Sport del 7 ottobre 2024 dal titolo Sondaggio, i giovani stanno con gli ultras: “Ci fanno sentire parte di qualcosa di più grande”. Ammetto che il titolo sia un pochino enfatico rispetto al contenuto, ma non mi sembra un titolo fuorviante. Cosa è successo? Dopo che un’inchiesta della magistratura ha rivelato le commistioni fra gli ultras delle squadre di calcio milanesi e la malavita organizzata, portando a numerosi arresti, la Gazzetta della Sport ha commissionato un sondaggio fra tutti i tifosi di calcio italiani, per sapere cosa ne pensino degli ultras in generale.

La schiacciante maggioranza dei tifosi (81%) è convinta che ci sono legami fra ultras e criminalità organizzata. Una lieve maggioranza (55%) ritiene che le società di calcio non dovrebbero intrattenere rapporti con gli ultras. Curiosamente, la percentuale si inverte fra gli intervistati più giovani, fra i 18 ed i 35 anni. Fra di essi, il 52% ritiene che le società dovrebbero invece confrontarsi e dialogare con gli ultras, pur riconoscendo che gli stessi ultras sono legati alla malavita organizzata! Rimando all’articolo per tutti i particolari, come anche per alcune interessanti conclusioni della giornalista Elisabetta Esposito.

Voglio aggiungere due mie personali conclusioni. La prima è che i giovani che sono usciti dalla moderna scuola dei progetti, fra i quali non mancano mai, ad esempio, educazione alla legalità, prevenzione del bullismo, non-violenza, eccetera, simpatizzano per gli ultras. Coloro, invece, che sono usciti da una scuola che non parlava esplicitamente di questi temi ma forniva più cultura e spirito critico, prendono le distanze dagli ultras.

La seconda conclusione è che i ragazzi, che avvertono il bisogno di appartenere a “qualcosa di più grande”, non rimangono affascinati da una scuola frammentata in mille progetti ed i cui insegnanti vengono quotidianamente denigrati. Cercano altrove i loro punti di riferimento e li possono trovare negli ultras come nel trap. I meno giovani, avanzo la mia ipotesi, sono cresciuti avvertendo di appartenere a quella cultura di cui ereditavano il patrimonio tramite i loro insegnanti. Anche se talvolta li temevano, anche se talvolta li odiavano, sapevano che erano lì per arricchirli (culturalmente).

Condividi questa storia, scegli tu dove!