Autonomia differenziata, per la Consulta scuola, energia e trasporti non si possono trasferire alle Regioni
La Corte Costituzionale, con la sentenza 192, ha messo un freno al progetto di autonomia differenziata, sollevando dubbi di costituzionalità su sette punti della legge Calderoli, tra cui il trasferimento di competenze in materia scolastica. I giudici, in 166 pagine, ribadiscono la centralità del Parlamento e l’unità nazionale, smentendo l’idea di “popoli regionali” e rimettendo al centro la coesione del Paese.
La sentenza avrà inevitabilmente ripercussioni sui quesiti referendari presentati sull’autonomia differenziata, la cui ammissibilità dovrà ora essere valutata dalla Cassazione. L’opposizione ha accolto con favore la decisione della Corte, parlando di “pietra tombale sul progetto di spaccare l’unitarietà del sistema scolastico nazionale”.
La Consulta sottolinea l’impossibilità di trasferire alle Regioni materie strategiche come energia, ambiente, commercio estero, comunicazioni e grandi reti di trasporto, insistendo sulla necessità di garantire i Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) su tutto il territorio nazionale.
“Il popolo e la nazione sono unità non frammentabili”, affermano i giudici, ribadendo che la differenziazione delle politiche regionali non può minare la solidarietà e l’unità giuridica ed economica della Repubblica.
La Corte ha inoltre dichiarato illegittima la previsione di definire i Lep con Dpcm, ribadendo che si tratta di una “delicata scelta politica” che spetta al Parlamento, in quanto richiede di bilanciare l’autonomia regionale con l’uguaglianza dei cittadini nel godimento dei diritti civili e sociali.
I Lep, dunque, dovranno essere definiti a monte con criteri specifici per settore, basati su una rigorosa istruttoria e motivazione, e dovranno garantire standard uniformi di servizi su tutto il territorio nazionale.
La Consulta si riserva inoltre di vigilare sulle future leggi di differenziazione, che potranno essere impugnate da qualsiasi Regione per verificarne la conformità ai principi costituzionali.
I giudici hanno sottolineato l’importanza di preservare la “valenza necessariamente generale ed unitaria” delle “norme generali sull’istruzione”, bloccando di fatto la possibilità di delegare alle Regioni la gestione di un settore così cruciale per il Paese. Lo stop si estende anche ad altre materie considerate di competenza nazionale, come la politica commerciale comune, la tutela dell’ambiente, l’energia e le grandi reti di trasporto.
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