Contratto (ed aumenti di stipendio) per la scuola fermi. Tutto rimandato a dopo le elezioni RSU?
da la voce della scuola
Pare che docenti e personale ATA che da tempo attendono che il rinnovo del contratto della scuola porti un po’ di luce sugli stipendi e sulle condizioni di lavoro, dovranno aspettare.
Nonostante annunci e risorse teoricamente già stanziate, tutto sembra bloccato. Perché? Una delle ragioni più forti parrebbe la scadenza di aprile con le elezioni RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie). In poche parole: i sindacati si preparano al voto e nessuno vuole fare un passo falso proprio adesso. Nel frattempo, stipendi e diritti restano in attesa, e il clima nelle scuole resta carico di incertezze.
Perché il rinnovo del contratto della scuola ci riguarda tutti
Il rinnovo del contratto della scuola non è un semplice adempimento amministrativo, ma incide in concreto sulla vita di oltre un milione di lavoratori tra insegnanti e personale ATA. Stiamo parlando di gente che ogni giorno gestisce classi, laboratori, progetti didattici e che, malgrado la complessità del sistema scolastico, deve far fronte anche a una retribuzione spesso considerata inadeguata.
Quando si discute di rinnovo del contratto, si discute di aumenti in busta paga, di nuovi diritti, di possibili modifiche su tutele e organizzazione del lavoro (ad esempio, la discussa introduzione del middle management). In altre parole, non si tratta solo di cifre economiche, ma di come vogliamo definire la scuola di domani.
Le risorse sulla carta ci sono (o forse no?)
Il governo ha annunciato che, per i rinnovi contrattuali di tutto il pubblico impiego, sarebbero stati messi a disposizione ben 5 miliardi di euro per il periodo 2022-2024 e altri 5,5 miliardi per il triennio successivo (2025-2027). Sembrano cifre importanti, ma il problema è che, nel frattempo, l’inflazione ha ripreso a correre. Recuperare il potere d’acquisto perso negli ultimi due anni è diventato molto più oneroso di quanto fosse previsto all’inizio.
C’è chi stima, soprattutto dalla parte di alcuni sindacati, che per coprire integralmente la “voragine” tra stipendi e costo della vita dovremmo arrivare a 30 o addirittura 32 miliardi di euro. Una cifra che, secondo il ministero della Funzione Pubblica, è fuori dalla portata delle casse dello Stato. Il risultato? Un braccio di ferro: i sindacati non vogliono perdere la faccia proponendo accordi giudicati insoddisfacenti, il governo non vuole (o non può) investire risorse aggiuntive.
Elezioni RSU: perché contano tanto?
Le RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie) sono quell’organo sindacale che viene eletto direttamente all’interno di ogni scuola e che misura, in modo abbastanza “sul campo”, la popolarità e la forza dei vari sindacati. È chiaro che, in vista del voto, ogni sigla cercherà di presentarsi all’elettorato come la più combattiva e la più capace di difendere i diritti dei lavoratori.
Questo spiega, almeno in parte, perché il rinnovo del contratto della scuola rischia di essere rimandato dopo la tornata elettorale: nessuno dei sindacati maggiori vuole firmare un accordo che possa scontentare gli iscritti e compromettere i risultati delle urne. È una partita di tattica, insomma, ma noi lavoratori rischiamo di pagare il prezzo di questa attesa.
Cgil, Uil, Gilda: la linea dura (e i rischi)
Tra le sigle più forti nel comparto scuola ci sono FLC CGIL e UIL Scuola Rua, che spingono per un recupero salariale consistente e un adeguamento generale delle retribuzioni. Lo stesso discorso vale in buona parte per la Gilda degli Insegnanti, che ha più volte criticato la mancanza di risorse nella legge di bilancio.
Il timore di questi sindacati è che un rinnovo “al ribasso” possa sancire una resa, specie se consideriamo che gli stipendi dei docenti italiani restano tra i più bassi in Europa a parità di qualifiche. Tuttavia, c’è il rischio che mantenere la linea dura senza sbocchi rischi di farci restare impantanati: i soldi ci sono, ma non vengono utilizzati perché manca l’accordo.
Cisl Scuola, Snals e Anief: una maggiore apertura
Dall’altro lato, troviamo sindacati come la Cisl Scuola, lo Snals e l’Anief che sarebbero più propensi a chiudere la partita in tempi rapidi, seppur con un accordo non del tutto in linea con l’inflazione. Queste organizzazioni temono che, prolungando il blocco, si rischi di perdere del tutto le risorse stanziate, soprattutto se nel prossimo futuro dovessero cambiare gli equilibri di bilancio o se l’Europa imponesse vincoli più stringenti sulla spesa pubblica.
Non va dimenticato che lo stesso ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha parlato di “sconfitta per tutti” se si dovessero approvare aumenti per legge, bypassando i sindacati. Uno scenario che implicherebbe la fine di una trattativa vera, privando i lavoratori della possibilità di esprimersi su molti aspetti contrattuali cruciali, come carriere e incentivi specifici.
Il tema del middle management: opportunità o minaccia?
Se parliamo di rinnovo del contratto della scuola, non possiamo ignorare il dibattito sul middle management. Significa creare figure di “quadro intermedio” tra il dirigente scolastico e il resto del corpo docente, con compiti di coordinamento e organizzazione.
Alcuni, come Anief e Ancodis, sostengono che la scuola abbia bisogno di queste figure per migliorare la gestione interna e dare un riconoscimento economico a chi si assume incarichi di responsabilità. Altri, come la Gilda e parte della CGIL, temono che si crei una scuola troppo “aziendale”, con nuove gerarchie e la conseguente demotivazione di chi lavora sul fronte didattico.
Conseguenze concrete: cosa rischiamo di perdere?
C’è il pericolo che, rimandando il rinnovo del contratto della scuola, si vadano a congelare non solo gli eventuali aumenti in busta paga, ma anche tante altre novità che potrebbero rendere più sostenibile il lavoro di docenti e ATA. Pensiamo, ad esempio, all’inclusione dei buoni pasto nei giorni di smart working o all’ipotesi di una settimana lavorativa di quattro giorni (a parità di ore) in determinati contesti.
Si tratta di innovazioni già accennate in altri comparti del pubblico impiego e che potrebbero essere estese al comparto scuola. Rimandando tutto, queste proposte restano nel limbo, con possibili ripercussioni anche sulla qualità della vita di chi lavora, specie in grandi città o in aree periferiche e disagiate.
La “trappola” dell’inflazione
Un altro aspetto importante è il tempo. Più passano i mesi, più l’inflazione potrebbe continuare a erodere il potere d’acquisto delle retribuzioni. Ogni ritardo nel rinnovo del contratto della scuola si traduce, in sostanza, in una perdita di valore dello stipendio reale.
Purtroppo, se si arriva a un accordo tra un anno, gli aumenti definiti oggi potrebbero risultare già inadeguati a quel punto, alimentando un circolo vizioso di frustrazione e scontento tra il personale scolastico. È una delle ragioni per cui anche alcuni sindacati più moderati spingono per arrivare a una firma che, se non esaudisce tutte le richieste, almeno garantisca qualcosa di concreto a breve termine.
Sguardo al futuro: cosa succederà dopo le elezioni RSU?
Se davvero il rinnovo del contratto della scuola verrà rimandato a dopo le elezioni RSU di aprile, dovremo attendere l’esito di quella consultazione per capire i nuovi rapporti di forza tra le sigle sindacali. Se CGIL e UIL, ad esempio, uscissero rafforzate dal voto, potrebbero insistere su un recupero quasi integrale dell’inflazione. Al contrario, se vincessero i sindacati più propensi al compromesso, potremmo assistere a una ripresa dei negoziati con tempi più rapidi.
In ogni caso, la speranza è che, superata la fase elettorale, ci sia la volontà di trovare un accordo che non lasci indietro nessuno. Perché al di là degli aspetti contrattuali, i docenti e il personale ATA meritano maggiore stabilità: troppe volte si è parlato di rinnovo del contratto come di un treno che poi non arriva mai alla stazione.
La scuola al centro… ma gli stipendi ancora in attesa
Il rinnovo del contratto della scuola è un tassello fondamentale per chiunque lavori nel mondo dell’istruzione, ma anche per gli studenti e le famiglie che beneficiano di un sistema educativo di qualità. Al momento, però, tutto sembra sospeso in vista delle elezioni RSU, con il rischio concreto che gli aumenti e le riforme innovative restino nel cassetto ancora per mesi.
Siamo in un passaggio cruciale: il nodo non è solo economico (pur essendo vitale), ma di riconoscimento del valore professionale. E, mentre le trattative si arenano, la vita di chi insegna e lavora nelle scuole continua, con responsabilità crescenti e retribuzioni spesso ferme da troppo tempo. Speriamo che, subito dopo il voto RSU, si riesca finalmente a rimettere in moto la contrattazione, trovando un equilibrio tra risorse disponibili, inflazione e dignità di un lavoro così centrale per il futuro del Paese.