Dall’inizio dell’anno scolastico ci sono stati 44 crolli nelle scuole italiane
di Chiara Sgreccia, L’Espresso
Infiltrazioni di acqua, calcinacci, bagni guasti e palestre inesistenti. Gli studenti italiani frequentano istituti vecchi e pericolosi. E la tragedia è sempre dietro l’angolo
Buio. Non pesto come se fosse notte, ma cinereo come il colore del cielo quando scoppia un temporale. Fuori il rumore della pioggia che scroscia, dentro quello delle gocce d’acqua che scendono dal soffitto e cadono sul banco. La professoressa invita gli alunni ad alzarsi: è il momento di cambiare aula. Il collaboratore scolastico arriva con il secchio. Salta la luce, non scatta il sistema di emergenza. «Attenti ragazzi, non toccate i distributori automatici, i computer. Niente in cui ci sia corrente», scandisce un docente durante lo sgombero dall’edificio. Uno dei pannelli che compone il controsoffitto si sgancia e finisce a terra.
«Per fortuna non c’era nessuno in classe», racconta Laura che frequenta il terzo anno di uno degli storici licei classici di Roma. «Anche la palestra si allaga ogni volta che piove, così periodicamente saltiamo la lezione di educazione fisica. Su dodici bagni, otto erano inagibili fino a poco fa. La scuola era diventata invivibile, per questo lo scorso dicembre abbiamo deciso di occupare. Oggi la situazione è migliorata, alcune delle nostre richieste sono state prese in considerazione: hanno riparato i bagni, sistemato la guaina esterna dell’edificio per evitare le infiltrazioni d’acqua e il wifi che non funzionava da mesi ed è essenziale per fare lezione. Ma la palestra continua ad allagarsi». Una condizione, questa, che rappresenta la normalità di tante scuole in Italia.
Ad Arezzo, il 4 aprile, un pezzo del controsoffitto in cartongesso è caduto in testa a uno studente di 13 anni che, in un’aula della scuola media “Margaritone”, chiacchierava con gli altri compagni in attesa che il professore entrasse in classe. Niente di grave, il ragazzo è tornato a casa dal Pronto Soccorso solo con qualche punto di sutura. Ma, come spiega la preside dell’istituto, una fessura nel soffitto aveva già attirato l’attenzione degli alunni. Ed era stata fatta la segnalazione alle autorità competenti. Il 16 marzo, invece, nella succursale della scuola professionale “Don Geremia Piscopo” di Arzano, comune della città metropolitana di Napoli, il solaio della palestra ha ceduto. Il crollo, che pare sia dovuto a infiltrazioni d’acqua, è avvenuto durante la notte. «Tragedia sfiorata, menomale», dicono docenti e studenti. «Ma non è possibile sentirsi in pericolo mentre si studia». Ancora: a Firenze, l’8 marzo, un grosso albero è caduto nel giardino della scuola primaria “Vittorio Veneto”, che fa parte dell’Istituto comprensivo Centro Storico Pestalozzi. Nel crollo la pianta ha sfondato un tavolo di legno, dove poco prima i bambini facevano ricreazione con l’insegnante. Anche qui solo per caso, quando l’albero è caduto, nel giardino non c’era nessuno. Fortuna che non si è ripetuta a Quartu Sant’Elena, in Sardegna, all’interno della scuola media “Bellavista”: il 16 febbraio, la porta di un bagno è caduta in testa a uno studente di undici anni, causandogli un trauma cranico. In Sicilia, tre giorni prima, all’Istituto per geometri “Filippo Juvara” di Siracusa, i calcinacci caduti dal soffitto hanno impedito agli alunni di entrare in classe e sedersi al proprio banco.
«Sono almeno 44 i crolli avvenuti da settembre 2022 ad aprile 2023. Sta andando ancora peggio dell’anno scorso, quando i cedimenti che abbiamo monitorato nelle scuole erano stati 45 in tutto», spiega Adriana Bizzarri che è coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva, onlus che promuove l’attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti, dei beni comuni e delle persone in condizioni di debolezza. «La maggior parte dei danni agli edifici scolastici è causata dall’infiltrazione d’acqua. Non è un caso, infatti, che registrino il loro picco proprio durante l’autunno e l’inverno, quando c’è maltempo. Sono solitamente dovuti alla mancanza di manutenzione ordinaria. Problemi all’inizio piccoli che, per incuria oppure per mancanza di fondi o personale negli uffici tecnici degli enti preposti alla gestione degli edifici come Comuni, aree metropolitane e Province, vengono sottovalutati fino a quando non si aggravano. Si aggiunge il fatto che le scuole italiane, per la maggior parte, sono allocate in strutture vecchie».
Secondo l’ultima indagine di Cittadinanzattiva, pubblicata lo scorso settembre, il 42 per cento delle oltre 40 mila scuole statali che ci sono in Italia è stato costruito prima del 1976 (16.794). Di un altro quarto non si conosce il periodo dell’edificazione. Quasi 17 mila scuole, poi, non hanno la certificazione di collaudo statico, essenziale affinché un edificio possa essere posto in esercizio. Più di 23 mila non sono in possesso della certificazione di agibilità, documento che attesta la sussistenza delle necessarie condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico. A 22 mila, infine, manca l’attestato di prevenzione incendi.
«Negli ultimi vent’anni si è parlato tanto, ma si è fatto poco. Certo, ci sono stati dei progressi, il tema della sicurezza delle scuole è entrato nel dibattito pubblico e politico, ma il lavoro fino a oggi svolto non è per niente sufficiente. È impensabile accompagnare i propri figli a scuola con la possibilità di ritrovarli sotto le macerie quando si torna a prenderli», denuncia Antonio Morelli, il presidente del Comitato vittime di San Giuliano di Puglia. Sua figlia Morena, che frequentava la prima elementare, è morta così, sotto le macerie della scuola “Francesco Jovine” del paesino molisano, crollata durante il terremoto di magnitudo 6.0 del 31 ottobre 2002. Con lei sono morti altri 26 bambini e un’insegnante. Ma il terremoto è stato solo una circostanza scatenante del collasso della scuola. «Anche una nevicata avrebbe potuto provocarlo. Perché un piano sopraelevato in cemento armato era stato costruito meno di un anno prima su una struttura vecchia, non in grado di reggerne il peso, per ampliarne la capienza. Hanno aperto la scuola senza neppure collaudarla. Si tratta di buon senso: non è possibile che gli spazi per l’apprendimento degli studenti non siano luoghi sicuri», prosegue amareggiato Morelli. «Ma noi del Comitato non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci, continueremo a monitorare la sicurezza delle scuole e a fare pressioni affinché venga garantita. Affinché per le vittime del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia sia fatta giustizia. Sono passati più di vent’anni».
Come spiega ancora Bizzarri, il Pnrr punta molto sul miglioramento dell’edilizia scolastica. I principali interventi – al netto del piano per la costruzione di asili nido e scuole dell’infanzia, mense scolastiche e aule 4.0 – sono tre, previsti per il periodo 2021-2026: la messa in sicurezza e la riqualificazione degli edifici, il piano per la sostituzione e la riqualificazione energetica degli stessi e il potenziamento delle infrastrutture per lo sport. «Si tratta di interventi fondamentali, preziosi. Che, però, da soli non bastano. C’è necessità di un monitoraggio continuo degli edifici e di risorse per favorire la manutenzione ordinaria. Di recente il ministero dell’Istruzione ha pubblicato l’elenco di 399 interventi di edilizia scolastica richiesti dalle Regioni, per una cifra totale di più di 900 milioni di euro. Il 60 per cento di questi riguarda l’adeguamento sismico e l’efficientamento energetico, il 21 per cento è riferito a edifici che verranno ricostruiti o demoliti. Puntare sulla sostituzione progressiva delle strutture è fondamentale per ridurre i lavori di manutenzione, che edifici vetusti richiedono con più frequenza», continua la coordinatrice. «Inoltre, la scuola non è solo lo spazio della lezione frontale, ma un luogo di crescita, interazione, apprendimento. Per questo, per favorire una didattica più inclusiva e per cercare di ridurre il numero di alunni presenti in ogni classe, diventa importante ripensare la configurazione degli ambienti scolastici. Cosa che in edifici vecchi, “aulocentrici”, è difficile fare».
È d’accordo anche Tullia Nargiso, coordinatrice del sindacato Rete degli studenti medi che, con Fillea Cgil, ha dato vita alla campagna “Fateci Spazio”, non solo per monitorare lo stato dell’edilizia scolastica nel Lazio – «la situazione è drammatica» – ma anche per lanciare una nuova idea di scuola che sia coinvolgente. «Studiamo in classi che hanno una media di 25 alunni. Una densità alta che obbliga alla lezione frontale, che non favorisce la relazione tra docente e allievo. Ciò è particolarmente penalizzante per la qualità della didattica e la strutturazione di percorsi egualitari, quando ci sono alunni con disturbi dell’apprendimento».
Come si legge nel report del 2022 “Osservatorio civico sulla sicurezza a scuola”, le classi che contengono un numero di studenti superiore a 26 sono 13.974: il 3,8 per cento del totale. Ma quasi diecimila delle «classi-pollaio» sono nelle scuole secondarie di secondo grado. Soprattutto nei primi anni. «Studiare in aule così affollate compromette anche la sicurezza. E le possibilità di movimento», aggiunge Irene, rappresentante d’stituto al “Guglielmotti” di Civitavecchia: «Dobbiamo fare la ricreazione in classe perché manca il personale per il controllo del cortile. Ma stare chiusi lì è come non avere un momento di stacco anche per andare in bagno, comprare la merenda. Ma soprattutto per socializzare, favorire l’integrazione».
Un altro grave problema che caratterizza molte scuole in Italia è la presenza di barriere architettoniche, che impediscono di muoversi liberamente agli alunni con disabilità. Nell’anno 2020/21, questi ultimi erano quasi 278 mila. «Parlare con i rappresentanti delle scuole ci è servito per capire quali sono le criticità su cui è necessario intervenire. Così abbiamo portato le richieste all’attenzione delle istituzioni», conclude Nargiso. Perché gestire gli spazi influenza anche il modo di vivere la scuola.
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