Debutta il Green pass a scuola, poche decine di prof e Ata respinti
Il primo giorno degli esami di riparazione in epoca Green pass va in archivio senza particolari problemi, con i primi pochi respinti (qualche decina di docenti e Ata , secondo fonti ministeriali) perché non in regola con la certificazione da oggi obbligatoria per l’ingresso in istituto.
La frangia degli “irriducibili”, però, sembra assottigliarsi sempre più, con appena il 9,5% del personale della scuola ancora senza vaccino, quando mancano meno di due settimane all’avvio ufficiale del nuovo anno scolastico.
Il 13 settembre, inoltre, sarà anche il d-Day per il debutto della super app che potrà evitare i controlli a mano cui sono stati costretti oggi i collaboratori scolastici attraverso tablet e smartphone. Il banco di prova del Green pass a scuola sembra essere superato a pieni voti ma, sottolineano i sindacati, la vera cartina tornasole sarà la prima campanella, quando tutti i docenti e gli alunni faranno il loro ritorno in classe.
«Mancano ancora tantissime indicazioni su cosa si deve fare – spiega Jessica Merli, segretario generale della Flc Cgil Milano -. La normativa è vacua e ci sono enormi problemi ad applicarla, quindi la situazione andrà monitorata nei prossimi giorni». Fino ad allora ci si aspetta un considerevole aumento dei vaccinati non solo tra il personale scolastico ma anche tra gli studenti. Al momento, infatti, gli under 19 con almeno una dose sono quasi il 60% con un’impennata considerevole registrata tra fine luglio e i primi giorni di agosto.
Sono, invece, 138.435 (pari al 9,55% del totale) i docenti e gli altri lavoratori della scuola ancora in attesa della prima dose di vaccino, anche se in un solo mese sono aumentati di circa 80 mila unità. Una corsa alla vaccinazione per farsi trovare pronti per il 13 settembre, altrimenti il rischio è quello di restare a casa. Così come capitato oggi ad alcuni docenti in alcune regioni d’Italia.
A Torino un professore e una professoressa sono stati respinti all’ingresso perché in possesso di una certificazione medica non ritenuta valida dal preside, contro il quale è partita anche una denuncia da parte di uno dei due docenti. In Toscana e Friuli-Venezia Giulia, invece, i prof rimandati a casa perché senza Green pass sono stati una decina.
A Milano, infine, due educatrici di un nido e di una scuola dell’infanzia hanno trovato le porte chiuse perché prive del certificato verde. Il “rodaggio” del sistema di controllo del Green pass continuerà anche nei prossimi giorni, ma il numero uno dei presidi italiani, Antonello Giannelli, si dice ottimista. «Ritengo che ci siano tutte le condizioni per fare decisamente meglio rispetto all’anno precedente – spiega -, il vaccino ha cambiato tutto e sicuramente si userà molto meno la dad, che verrà applicata in eventuali casi di cluster».
«Credo che bisogna intensificare l’attenzione nei confronti di queste misure, applicarle costantemente e, se vengono applicate, il nostro Paese non vedrà più la Dad», gli fa eco Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute. «Certo – aggiunge – bisogna stare attenti ai trasporti: la scuola di per sé non è un ambiente insicuro se vengono attuate tutte le misure, quello che è difficile monitorare sono i trasporti pubblici. Bisogna fare ancora uno sforzo per ampliarli, farli funzionare meglio e far sì che i ragazzi che vanno a scuola coi trasporti pubblici siano protetti». Inoltre sul fatto che non si preveda nessun obbligo di Green pass per personale esterno delle scuole è «un’incongruenza che va corretta».
Intanto, proprio nei giorni in cui cominciano a svolgersi i test d’ingresso nelle varie università italiane (dove il Green pass è obbligatorio anche per gli studenti), a destare qualche preoccupazione è il caso degli allievi che arrivano da fuori Europa, il cui vaccino non è riconosciuto a livello comunitario e quindi non possono ottenere il certificato per poter seguire le lezioni in presenza.
Tra i primi a sollevare la questione è stato il conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste, dove alcuni studenti sono stati costretti a sottoporsi a tampone per poter accedere all’istituto. Timori ribaditi anche da Stefano Ruffo, direttore della Scuola internazionale di studi superiori avanzati di Trieste