Decontribuzione per lavoratrici madri: 570mila beneficiarie, ma platea limitata
La decontribuzione per lavoratrici madri prevista dal disegno di legge di Bilancio 2024 è destinata a 570mila beneficiarie, ma la platea è limitata rispetto a quella delle donne che lavorano. Sono escluse le lavoratrici dipendenti a tempo determinato, le libere professioniste, le lavoratrici in proprio, le lavoratrici domestiche e le lavoratrici senza figli o con un figlio unico
il sole 24 ore di Ornella Lacqua, Valentina Melis, Alessandro Rota Porta
È destinato a 570.475 lavoratrici madri il taglio del cuneo contributivo “rafforzato” previsto dal disegno di legge di Bilancio 2024 (Atto Senato 926, approdato in Parlamento il 31 ottobre). Praticamente, stando alla stima delle beneficiarie contenuta nella relazione tecnica al Ddl, si tratta di quasi il 6% delle occupate.
L’articolo 37 del disegno di legge prevede uno sgravio pari all’intera quota di contributi a carico delle lavoratrici (9,19% della retribuzione imponibile), purché siano assunte a tempo indeterminato e purché abbiano due o più figli. Più nel dettaglio, lo sconto che farà aumentare l’importo netto della retribuzione è articolato su due livelli e sarà riconosciuto (fino a un massimo di 3mila euro all’anno):
– alle lavoratrici madri di tre o più figli, fino al diciottesimo anno di età del più piccolo, dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 (naturalmente, per chi compie 18 anni dopo il 2026 la misura andrà rifinanziata);
– in via sperimentale alle madri di due figli, fino al decimo anno di età del figlio più piccolo, per il solo anno 2024, come ha precisato sabato 4 novembre il Governo in una nota inviata al Senato.
Il cumulo con il taglio al cuneo
Le lavoratrici con retribuzioni lorde fino a 35mila euro, che attualmente beneficiano del taglio del cuneo contributivo (del 7% fino a 25mila euro di paga lorda o del 6% fra 25mila e 35mila euro) si vedranno confermare il taglio attuale – come previsto dalla manovra per il 2024 – e, in aggiunta, avranno un ulteriore sconto sui contributi a loro carico, di due o tre punti percentuali.
Le lavoratrici con retribuzioni superiori a 35mila euro all’anno, invece, che finora non hanno avuto accesso all’esonero contributivo generalizzato, se hanno due o più figli e sono assunte stabilmente, accederanno direttamente da gennaio allo sconto del 9,19 per cento.
Platea limitata
La platea della decontribuzione per le madri è limitata rispetto a quella delle donne che lavorano: su 9,74 milioni di occupate nel 2022 (che sono diventate 9,97 milioni ad agosto 2023), a beneficiare del nuovo sgravio, come detto, saranno circa il 6 per cento.
Sono escluse le lavoratrici dipendenti con contratti a tempo determinato (1,48 milioni), le libere professioniste (482mila), le lavoratrici in proprio (oltre 751mila), in pratica tutte le autonome. Inoltre, per esplicita previsione del Ddl di Bilancio, sono escluse le lavoratrici domestiche. Sono poi tagliate fuori, per come è scritta la disposizione, le lavoratrici senza figli o con un figlio unico.
Gli effetti in busta paga
Gli esempi di calcolo in pagina considerano gli effetti del risparmio contributivo per quattro lavoratrici con diversi livelli di retribuzione.
Ad esempio, una dipendente con figli, e con retribuzione imponibile mensile ai fini previdenziali di 1.500 euro, vedrà aumentare l’ammontare dello sconto contributivo da 105 euro (dovuti all’esonero contributivo attualmente in vigore, il cosiddetto taglio al cuneo) a 138 euro, ossia al totale della contribuzione dovuta a proprio carico.
Una dirigente con imponibile previdenziale di 5.600 euro mensili (che finora è stata esclusa dal taglio del cuneo) godrà, dal prossimo gennaio, di 250 euro di esonero, pari al tetto massimo stabilito dalla legge (3mila euro diviso 12 mesi). Resterà comunque a carico di questa lavoratrice una trattenuta per contributi pari a 265 euro.
Dagli esempi è chiaro anche un altro effetto dello sgravio contributivo. La diminuzione della trattenuta previdenziale fa aumentare l’imponibile fiscale delle lavoratrici (che infatti in tre casi su quattro, con l’azzeramento dei contributi dovuti, va a coincidere con l’imponibile previdenziale).
Dunque, nonostante nel 2024 sia previsto l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef, con l’applicazione dell’aliquota del 23% fino a 28mila euro di reddito, l’impatto sull’imposta da versare, negli esempi considerati, rischia di non essere rilevante. Il risparmio Irpef potrebbe infatti essere quasi sempre vanificato dall’aumento della base imponibile fiscale.