Denatalità shock sulla scuola: 134mila studenti in meno a settembre
da il sole 24 ore
Secondo le ultime stime del governo verso il taglio di 5.667 cattedre. Tra otto-nove anni popolazione scolastica sotto i sei milioni. Istat: in 20 anni persi oltre 900mila giovani under 19
Il paragone rende meglio l’idea: è come se a settembre sparisse un’intera città, come Ferrara. Oppure Salerno, o Latina. Il frutto amaro della denatalità continua a sfornare stime da far tremare i polsi sulla scuola. Il prossimo anno, il 2025/26, si aprirà con oltre 134mila studenti in meno tra i banchi. Si passerà dai 6,9 milioni di alunni di quest’anno (dall’infanzia alle superiori) a poco meno di 6,8 milioni a settembre 2025. Nel giro di 8/9 anni, se questi trend non saranno modificati, la popolazione scolastica scenderà sotto la soglia “psicologica” di 6 milioni di unità.
Le prime stime
Sono queste le primissime stime (in corso di affinamento in base agli ultimi aggiornamenti demografici dell’Istat) che stanno circolando all’interno del governo (e del ministero dell’Economia) in vista della predisposizione degli organici docenti per il 2025/26. Che, per la prima volta, come previsto dalle tabelle dell’ultima legge di bilancio, vedranno ridursi di 5.667 unità, proprio a seguito dell’andamento demografico negativo. A confermare il taglio è la bozza di decreto interministeriale Mim-Mef illustrata nei giorni scorsi ai sindacati (che infatti hanno subito contestato la riduzione di cattedre).
Le altre novità sull’organico dei docenti
Sempre secondo i resoconti sindacali, rimarrebbe invariata la quota di posti destinata al potenziamento (poco più di 50mila), e verrebbe attivata la novità prevista per potenziare i corsi di italiano nelle classi con una presenza di alunni stranieri iscritti per la prima volta superiore al 20% (questi posti, classe di concorso A-23, saranno assegnati per un totale di 751 unità al primo ciclo, e di 186 unità nel secondo ciclo, per complessive 937 cattedre).
Come per gli anni precedenti, è prevista una quota di posti da destinare alla riduzione del numero degli alunni per classe, con una previsione di 7.402 posti, in crescita rispetto al passato. Per quanto riguarda il sostegno, è previsto un incremento di 1.866 docenti, sempre in applicazione della legge di Bilancio, che saranno assegnati proporzionalmente tra le diverse regioni, solo alla scuola secondaria di secondo grado.
È dal governo Draghi che si sta accendendo una spia rossa costante su scuola e denatalità. Sono ormai diversi anni, nel silenzio assordante, che perdiamo 100-110mila studenti a ogni suono della prima campanella. E la situazione (purtroppo) non sembra destinata a migliorare a breve.
L’inverno demografico
I numeri che ci ha fornito l’Istat sono impietosi. Prendiamo gli ultimi sei anni: le nascite sono passate da 431.007 del 2019 a 380.630 del 2024. Nella fascia d’età dei 3 anni (quando cioè dal nido si passa all’infanzia) i bambini, nello stesso arco temporale, sono scesi di oltre 68mila unità. Stessa (triste) sorte osserviamo se guardiamo la popolazione di sei anni (quella che generalmente si affaccia alla primaria): nel 2019 si contavano 529.609 ragazzi, nel 2024 se ne contano 469.364. Vale a dire oltre 60mila in meno. La fascia di popolazione dei 13enni (quelli per intenderci che passano dalle medie alle superiori) ancora tiene: nei sei anni in esame cala di appena 418 unità. È in crescita (ancora) la coorte di popolazione di 19 anni d’età: erano 585.535 nel 2019, sono 593.590 nel 2024 (per chi va all’università, quindi, l’effetto demografico avverso è rinviato ancora per poco). Il dato è tratto: in vent’anni, dal 2004 al 2024, abbiamo perso oltre 900mila giovani sotto i 19 anni.
Rapporto alunni/docenti e classi con meno di 10 studenti
Una denatalità così forte sta modificando la nostra scuola. L’ultimo rapporto Ocse (Education at a glance 2024) ha evidenziato come in Italia il numero di alunni per docente sia tra i peggiori a livello internazionale. In media, nell’area Ocse, si contano, per ciascun insegnante, 14 studenti alla primaria e 13 a medie e superiori. In Italia queste cifre crollano: siamo a un docente per ogni 11 alunni a primaria e medie, addirittura 10 alunni a docente alle superiori. Non solo. Oggi le classi “pollaio”, vale a dire aule con oltre 27 studenti, sono poco più di 5mila in tutt’Italia, e rappresentano appena l’1% del totale delle classi. Paradossalmente, sono molto più numerose le classi con non più di 10 studenti, che ormai sono “prassi” in molti territori, specie nei piccoli borghi.
Mismatch elevatissimo
Un crollo, a questa velocità e con questi numeri, della popolazione studentesca per via delle culle vuote è una brutta notizia anche per il mondo del lavoro. Non solo per la stabilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, ma anche per il cosiddetto “mismatch” che ormai interessa stabilmente un’assunzione su due, con punte del 60/70% proprio per le competenze scientifico-tecnologiche. La motivazione principale di una quota così alta di ingressi “di difficile reperimento” è da qualche anno la «mancanza di candidati» (fonte Unioncamere-ministero del Lavoro), che ha scavalcato la preparazione inadeguata del candidato.
Recuperare e Neet e attrarre talenti dall’estero
«L’inverno demografico è un grave problema che richiede soluzioni complesse – ha sottolineato Riccardo Di Stefano, delegato del presidente di Confindustria per l’Education e l’Open Innovation -. Le politiche scolastiche e lavorative possono fare molto se puntano a recuperare giovani dalla trappola dei Neet, perché fin quando ci sarà anche solo un Neet in Italia avremo un talento sprecato; cosi come ad attrarre talenti dall’estero con una formazione mirata, soprattutto tecnica, come stiamo facendo attraverso diverse missioni internazionali tra Confìndustria e le istituzioni, coinvolgendo filiere 4+2, Its Academy e Università. Non possiamo aspettarci risultati immediati, ma è urgente muoversi subito per averli il prima possibile».