“Di che razza sei?”: putiferio per il questionario distribuito in una scuola di San Lorenzo. Cosa è successo davvero
Nelle seconde classi della primaria “Borsi-Saffi” i genitori hanno risposto ad un test scientifico messo a disposizione gratuitamente da un centro clinico. Alcune famiglie si sono lamentate
Lo “scandalo” del questionario sui disturbi dell’apprendimento
Non siamo tornati indietro di 70 anni, per fortuna. Quello che è successo è che un centro clinico ha messo a disposizione della scuola – intitolata ad Aurelio Saffi e Gesualdo Borsi – un test scientifico standard di origini statunitensi, formulato addirittura nel 2001 dallo psicoterapeuta e psichiatra Thomas Achenbach e rivolto ai minori a partire dai 6 anni. Serve per individuare precocemente i disturbi dell’apprendimento come la dislessia, la disortografia e la disgrafia. Una delle domande preliminari è: “Gruppo etnico o razza del bambino”.
[metaslider id=29947]Lo scivolone del centro clinico che usa il termine “razza”
Una terminologia scientifica tradotta direttamente dall’inglese, non sostituita con “nazionalità” come sicuramente sarebbe stato più opportuno e che ha mandato su tutte le furie diversi genitori, che hanno immediatamente segnalato la cosa e protestato con il dirigente scolastico. Il centro clinico, come viene riferito da alcune mamme coinvolte, si è scusato: “E’ stata una leggerezza lasciare la domanda così com’era in inglese – fanno sapere – ma è il secondo anno che lo distribuiamo e prima non c’erano state lamentele”.
La rappresentante d’istituto: “Potevano stare attenti, ma questo test è fondamentale”
Antonella Catalini, mamma di una bambina di seconda elementare e rappresentante d’istituto, ridimensiona la questione: “E’ vero, potevano evitare il riferimento alla razza – spiega a RomaToday – ma sinceramente non mi sembra un grande scandalo. Sono termini scientifici tradotti, sicuramente maggiore attenzione andava prestata, ma ragioniamo piuttosto sull’importanza di questi test: la scuola dà la possibilità di farli gratuitamente, altrimenti dovremmo pagarli e non poco”. Tutto il consiglio d’istituto, successivamente, ha diffuso una lettera aperta: “Non riteniamo assolutamente veritiera l’immagine che viene restituita della nostra scuola – si legge in un passaggio – che, in un quartiere difficile come il nostro, resiste come fondamentale presidio istituzionale assieme alle numerose Associazioni che quotidianamente si adoperano per combattere stereotipi e pregiudizi”.
Pratelli-Rossi: “Errore, ma questa scuola è esempio di accoglienza”
L’assessora alla scuola di Roma Capitale Claudia Pratelli e la sua omologa in II municipio Paola Rossi sono intervenute, ribadendo l’inopportunità di usare la parola “razza” in un qualsiasi documento del genere, ma anche difendendo l’identità multiculturale e accogliente della scuola di San Lorenzo: “Certamente è stato un errore – dicono – perché quel termine è lontano dall’idea di scuola inclusiva che stiamo portando avanti con tutti gli istituti. Ma non ci sfugge, però, che la ‘Borsi-Saffi’ è un esempio molto positivo di accoglienza e apertura, impegnata quotidianamente a favorire inclusione e rispetto. Un episodio che ci dà l’occasione perciò per constatare l’attenzione molto alta sui temi dell’inclusione, tra i cittadini e le istituzioni, e ribadire che a Roma nessuna forma di discriminazione può essere ammessa”.
Del Bello: “Dalla parte della scuola”
“La scuola di San Lorenzo è un luogo aperto, che mette a disposizione i propri spazi per le attività di altre scuole – ha scritto su Facebook la presidente del II Francesca Del Bello – , che promuove lo scambio e la relazione, che collabora nelle tantissime iniziative organizzate dalle Associazioni di quartiere. Tutta la comunità educante della scuola Borsi-Saffi, al di là di questo spiacevole episodio, combatte quotidianamente come tutte le scuole pubbliche una battaglia difficile: quella di un organico che lo Stato non riesce mai a garantire come dovrebbe, quella dei numeri del dimensionamento scolastico che anno dopo anno ne mettono a rischio l’autonomia, quella della primaria responsabilità di una istituzione: formare i propri cittadini. Già solo per questo andrebbe difesa e non resa oggetto di scandalo.”