Intesa assegnazioni provvisorie e utilizzazioni 2024, i docenti che non sorridono meritano una speranza: la legge sul vincolo triennale ha fatto il suo tempo

da la tecnica della scuola

Un contratto può superare la legge? La risposta non può essere che negativa. Ecco che allora da alcuni anni ai sindacati della scuola spetta l’arduo compito, qualche addetto ai lavori parla di “miracolo”, di limitare i danni del blocco agli spostamenti approvato nella legge n. 159 del 20 dicembre 2019 (di conversione del D.L. 29.10.2019, n. 126) che ha introdotto l’obbligo di permanenza quinquennale nella scuola di titolarità (con divieto esplicito di presentare domanda di trasferimento e di assegnazione provvisoria prima di aver maturato cinque anni scolastici di effettivo servizio). Quel vincolo, certo, è stato solo in parte mitigato dall’articolo 58 del decreto legge 73 del 25 maggio 2021, che ha ridotto a tre anni lo stop agli spostamenti di sede dei docenti neo-assunti. Però è rimasto.

 

Ma perché si continua a stoppare la libera circolazione dei docenti da una sede scolastica all’altra? La risposta è legata al fatto che per chi amministra la scuola l’impossibilità a cambiare sede garantirebbe la continuità didattica. A parte il fatto che si tratta di una giustificazione tutta da dimostrare (se un docente, ad esempio, rimane nella stessa scuola non significa infatti che manterrà le stesse classi dell’anno precedente), quello che rimane da capire è perché poi si lascia alla contrattazione sindacale l’ingrato compito di limitare i danni di una norma di legge a dir poco discutibile.

Dopo un confronto con l’amministrazione centrale, non sempre condotto in modo sereno, con una parte dei sindacalisti che hanno pure minacciato di non sottoscrivere l’accordo che da alcuni giorni sembrava cosa fatta, la sera di giovedì 27 giugno si è raggiunta qull’intesa che per un altro anno scolastico, il 2024/25, permetterà a decine di migliaia di docenti e Ata neo assunti di superare i vincoli di permanenza, con l’aggiunta dell’assegnazione degli incarichi per la copertura dei posti liberi o vacanti come Dsga.

Il problema è che non tutti neo immessi in ruolo riusciranno a fare domanda di assegnazione provvisoria o di utilizzazione: lasciamo ai tecnici spiegare chi, tra i lavoratori di ruolo, rientrerà nelle deroghe ai vincoli, chi potrà presentare la domanda all’interno della provincia di servizio, chi fuori provincia, che rimane di fatto subordinata al possesso dei requisiti previsti dall’articolo 34 del contratto di lavoro, come del resto era stato già approvato con il contratto sulla mobilità ordinaria.

Quello che resta da capire è fino a quando si andrà avanti con le deroghe raggiunte al termine di estenuanti trattative e confronti tra parte pubblica e rappresentanti dei lavoratori: fino a quando si procederà con l’approvazione di eccezioni alla norma-madre, come quella aggiunta quest’anno sul filo di lana per i docenti assunti a tempo determinato nell’anno in corso e già dichiarati soprannumerari sul posto di conferma in ruolo, quindi trasferiti d’ufficio su altra sede provinciale.

La procedura Ministero-sindacati risulta ogni anno che passa sempre più complessa, anche perché alla fine più di qualcuno rimarrà deluso. Pure quest’anno c’è chi sorride, come c’è chi, invece, non potrà avere alcuna deroga: si tratta del “popolo” dei docenti e Ata che non possono presentare assistenze a parenti o affini in stato di invalidità, quindi non hanno a che fare con alcuna situazione legata alla Legge 104/92 da accludere nella domanda; che non hanno figli sotto i 12 anni; e nemmeno motivazioni varie legate alla famiglia o ai congiunti.

Eppure, in diversi casi le cattedre libere da ricoprire ci sarebbero: solo che a loro si negano e alla fine, tra qualche mese dopo, verranno assegnate ad un precario, non di rado anche alla prima esperienza nella scuola. E questa la possiamo chiamare “continuità didattica”?

Sarebbe bene che ciò sia ben chiaro al Governo, ai componenti del Parlamento e di tutte le istituzioni dove si decidono le sorti delle nostre scuole, anche arrivando a cambiare in corsa le norme generali che le gestiscono: il tempo dei vincoli alla mobilità del personale della scuola – e delle promesse annesse – sembra davvero essere arrivato al capolinea. Chi legifera non può più pensare di rimandare la decisione: il 2025 è dietro l’angolo.

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