L’altro Sinner

Senza la dedizione al lavoro (e allo studio) duro non può fiorire nessun talento. 

 

C’è Sinner, il genero di tutte le mamme e di tutti i papà, sicurissimi che riaccompagnerà Cenerentola a casa alle 23 e 59 precise. E poi c’è Tamberi, il Mezzabarba, l’altro principe azzurro. Quello che Cenerentola la riporta sempre, ma chissà quando. Che infila le molle dentro le scarpe. Che urla contro il mondo come un indemoniato, ma l’attimo dopo sta già spiccando un volo d’angelo verso le stelle.

A un esame superficiale, e anche un po’ caricaturale, i due fenomeni da esportazione dello sport italiano sembrano l’uno l’opposto dell’altro. L’altoatesino e il marchigiano, il gentile e lo spavaldo, il centrato e l’eccentrico, il compassato che esulta battendo il palmo della mano sulla racchetta e l’esagitato che lo fa battendo i pugni sul petto. Il figlio che è sempre andato d’accordo col padre e quello che col padre ci ha litigato. Il timido che non abbraccerebbe mai la sua amata davanti a testimoni oculari e il disinibito che si avvinghia alla moglie in eurovisione.

Un tempo li avrebbero definiti l’anti e l’arci-italiano, ma in realtà Sinner e Tamberi sono molto più simili di quanto si pensi. Li accomuna una serietà di fondo, che anche in un Paese come il nostro, che ama raffigurarsi come un conglomerato di macchiette, è tutt’altro che rara.
Quei due la esprimono in modo diverso, eppure sono identici nella dedizione al lavoro duro senza il quale, lo ha appena ricordato Federer, non può fiorire nessun talento.

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