L’evoluzione della Maturità dal ’23 ad oggi
La Voce della scuola
L’Esame di Stato compie ben 102 anni dalla sua prima istituzione ufficiale. Cronache di una maturanda.
Quest’anno l’Esame di Stato compie ben 102 anni dalla sua prima istituzione ufficiale, a seguito del piano di riforme attuate dal Ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile. È chiaro dunque che in poco più di un secolo, la Maturità ha conosciuto numerosissime generazioni di liceali, ognuna con le sue esigenze didattiche ed i suoi interessi culturali, ed ha dovuto pertanto adattarsi allo Zeitgeist che spirava nelle varie epoche. Ecco a seguito come, con il susseguirsi dei governi e delle necessità del tempo, si è evoluta la formula di somministrazione delle prove d’esame.
In origine, fino al 1937, l’esame era stato progettato in maniera estremamente selettiva, poiché comprendeva 4 scritti e un colloquio interdisciplinare con soli esterni, basato sui programmi degli ultimi tre anni. Dal 1938 all’inizio degli anni 50, a causa della Seconda Guerra Mondiale, lo svolgimento regolare delle prove è stato chiaramente compromesso.
Per questo motivo, le prime seppur esigue modifiche alla Maturità furono attuate nel 1951 dalla riforma Gonella: si passò alla commissione mista con l’aggiunta di due membri interni e l’orale si basava sul programma del penultimo ed ultimo anno; restavano i 4 scritti. Uno scenario sempre molto rassicurante per gli studenti di allora!
Con le riforme del Ministro Sullo, in vigore dal ’69 e per tutto il trentennio successivo, finalmente si intravedono le similitudini: gli scritti si riducevano a 2 (Italiano e materia caratterizzante del corso) e l’orale verteva solo sugli argomenti dell’ultimo anno, ma si strutturava esclusivamente con 2 materie a scelta.
C’è inoltre da specificare che fino al ’99 il voto finale non era in 100esimi come oggi, ma in 60esimi, ed era dovuto alle sole prove d’esame: il sistema dei crediti formativi venne introdotto infatti con la riforma Berlinguer, la quale ha aggiunto agli scritti già previsti una terza prova di cultura generale e riportato l’orale alla forma di colloquio multidisciplinare, supportato però da una tesina preparata dal candidato. Questo sistema è rimasto in vigore fino al 2018, per poi fare spazio nel solo 2019 alla breve ma intensissima vita della Maturità Fedeli-Bussetti, che ha sì rimosso la terza prova ma introdotto l’orale basato sull’estrazione casuale di uno spunto, fornito dalla commissione all’interno di buste; altra aggiunta è la relazione sulle attività di PCTO, ossia i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento forniti agli studenti per aiutarli nella scelta del loro futuro percorso universitario e lavorativo.
Ad interrompere questo sistema sono stati gli anni della pandemia da COVID-19, con la riforma Azzolina-Bianchi: niente scritti, niente buste, niente commissari esterni, solo la discussione di una tesina all’orale. In parole povere, il sogno di ogni liceale!
Ma con il ritorno alla comune quotidianità nel 2022, l’Esame di Stato ha riacquisito i suoi due scritti e l’orale ha come topic di discussione uno spunto preparato dalla commissione: le uniche differenze, dovute alla riforma dello scorso anno dell’attuale Ministro dell’Istruzione Valditara, riguardano l’incidenza del voto di condotta, con la discussione all’orale anche di argomenti di Educazione Civica, l’obbligatorietà delle INVALSI (approfondite nel precedente articolo) come requisito di accesso e il ritorno alla commissione mista, con tre interni e quattro esterni.
Stilare una classifica per decretare la riforma migliore sarebbe forse complicato, ma l’alternativa che mette tutti d’accordo c’è: firmare con 60 e fuggire! (Si scherza, forse…)