Oliviero Ferraris: Ragazzi soli e insicuri. Educazione sentimentale? Un’ora a scuola non basta

di Viviana Ponchia, Quotidiano Nazionale

La psicoterapeuta: bisogna trasmettere l’importanza del rispetto per gli altri “I social hanno sostituito il gruppo di amici. Oggi si affoga in uno smartphone”.

 

Gelosi, maneschi. A quindici anni infelici come dentro a un matrimonio combinato o un carcere di massima sicurezza. Già vecchi.

Professoressa Anna Oliverio Ferraris, la coppia adolescente mette paura. Ha senso a quell’età sigillarsi dentro un rapporto? Considerare uno schiaffo un segnale di appartenenza? L’amore giovane non dovrebbe essere leggero, divertente, sperimentale?

“Conosco una ragazza di 17 anni che chiama il fidanzato “mio marito”. Ha già pianificato tutto. E lui, che all’inizio era coinvolto e ci credeva, si sente vittima di una persecuzione. Al punto da arrivare a chiedere alla madre di sua “moglie” di liberarlo in qualsiasi modo”.

Magari la madre è connivente. E non sembra un’eccezione.

“Pensi a tutti quei genitori mediamente invasati che davanti all’asilo proclamano: mio figlio si è fidanzato. A tre anni. E sono orgogliosi di questa presunta precocità sentimentale. A tre anni un bambino può avere in simpatia la bambina con le trecce che gioca con lui, innamorato non lo è di certo. L’exploit da fenomeno non è qualcosa che gli appartiene ma un suggerimento che comincia ad assimilare e poi a imitare. E qualche anno dopo si ritrova “sposato”. Ho visto madri con la testa imbottita di storie romantiche comprare il regalo di San Valentino per la fidanzata del pupo di otto anni. Al quale non sarebbe mai venuto in mente. Il marketing non risparmia nessuno”.

Non può essere sempre colpa dei genitori.

“Dietro al bisogno di controllo preme l’insicurezza, che è il motore della gelosia. Alimentata dal fatto che oggi questi ragazzini già praticamente accasati non frequentano più il gruppo come accadeva un tempo. Fingono di farlo sui social, ma in realtà sono soli. Incollati l’uno all’altra e senza scampo. Il gruppo portava fuori casa, stabiliva ruoli, equilibrava e sdrammatizzava anche una cosa seria come l’amore. Non lo si sacrificava per la coppia. Forniva appoggio e confronto e impediva che un rapporto per sua natura effimero si caricasse di pesi enormi. Ci salvava il cortile, dove adesso non fanno nemmeno parcheggiare le biciclette. Oggi si affoga in uno smartphone”.

Il mondo parallelo dei social, finiamo comunque lì.

“Per forza. Perché sempre quei genitori là esultano se a dodici mesi il loro bambino smanetta sullo schermo. Non ha ancora imparato a camminare e si imbottisce di immagini a portata di dito, si infila dentro mondi paralleli. Poi nessuna sorpresa se qualche anno dopo geolocalizza la fidanzata – o il fidanzato naturalmente – la soffoca, le toglie autonomia. Succede agli adulti, peggio va a chi è nato con il gadget in mano. La realtà sparisce, esistono solo le storie. E uno stato di esaltazione perenne che non consente di rilassarsi nemmeno in amore”.

È troppo tardi per pensare a un’educazione sentimentale?

“Non per gli innamorati del prossimo giro, da strappare per tempo a ciò che è virtuale. I bambini devono camminare sull’erba, usare i cinque sensi, muovere il corpo. Inventare anziché emulare. Non bisogna abbandonarli di fronte a racconti sempre esagerati, all’emozione purchè sia. Siamo tutti in overdose di sapori forti: la figlia unica è una principessa, il figlio come minimo sa volare. Non ha senso un’ora dedicata all’educazione sentimentale perché occorre un continuo martellamento sul rispetto, la convivenza, l’intelligenza sociale. Shakespeare è una lettura straordinaria, ma la vita ha un altro respiro. E comunque sappiamo tutti che Romeo e Giulietta, giovani e guidati dall’impulso, non hanno fatto una bella fine”.

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