Riforma istruzione tecnica e professionale, si partirà nel 2025/26
Come era facilmente prevedibile (in questi mesi lo abbiamo scritto più volte) alla fine il Ministero dell’Istruzione è stato costretto ad un inevitabile bagno di realtà ed ha dovuto ammettere che la riforma dell’istruzione tecnico-professionale non potrà prendere avvio il prossimo settembre ma deve essere rinviata all’anno scolastico 2025/26.
Che sarebbe finita in questo modo non era difficile da comprendere perché il provvedimento prevede una modifica ordinamentale di non poco conto che richiede tempi lunghi.
Per dare avvio a nuovi percorsi, infatti, è necessario che tutto sia pronto almeno nell’autunno precedente: solo in questo modo è possibile consentire agli organi collegiali della scuola di progettare in nuovi percorsi e informare adeguatamente gli studenti e le famiglie in modo da permettere loro di fare scelte consapevoli.
Nei mesi scorsi, addirittura, si parlava di avviare il tutto già da settembre 2023, poi si è capito che, nella migliore delle ipotesi, si sarebbe potuto avviare la riforma per il 2024/25 e questa è stata l’intenzione del Governo ancora fino a poche settimane fa tanto che lo schema di regolamento aveva già acquisito già il via libera del MEF.
Ma adesso ci si è accorti che riuscire ad approvare il provvedimento in tempi utili risulta ormai impossibile.
Nel ddl, tra l’altro, il ministro Valditara ha voluto far inserire anche alcune disposizioni in materia di valutazione degli alunni e di sanzioni disciplinari.
Questa parte era stata annunciata a giugno e il Ministro aveva spiegato che si trattava di una urgenza assoluta necessaria anche per contrastare atti di bullismo e violenza nei confronti dei docenti.
Pareva che le nuove norme sarebbero dovute entrare in vigore nel settembre scorso, ma poi, forse, non si è riusciti a trovare lo strumento normativo adatto.
Nell’incontro avuto con le organizzazioni sindacali giovedì 16 il Ministero ha annunciato che di riforma della filiera tecnico-professionale si parlerà per il 2025/26.
I sindacati, ovviamente, hanno espresso soddisfazione per la notizia e qualcuno si sta anche intestando una piccola “vittoria” dal momento che il Ministero avrebbe detto che il rinvio servirebbe proprio ad approfondire le diverse questioni poste dai sindacati stessi.
La verità, però, è assai più banale: il Ministero aveva sbagliato i calcoli fin dall’inizio perché non aveva considerato che una riforma ordinamentale, per poter entrare in vigore a settembre, deve essere pronta un anno prima.
L’impianto complessivo prevede nel primo biennio una decurtazione complessiva di 99 ore sulle materie di istruzione generale dal cui computo, da un lato, vengono sottratte le scienze integrate (pari nel biennio a 132 ore) e dall’altro si interviene sull’ambito storico che diventa ambito storico-geografico con un totale, nel biennio, di 165 ore (restano 132 ore di storia cui si aggiungono 33 ore di geografia ma solo per uno degli anni del biennio).
Complessivamente, quindi, nel biennio le ore di indirizzo generale passano pertanto da 1320 a 1221, mentre al V anno è prevista, una decurtazione di 99 ore nell’area di istruzione generale, in questo caso, a scapito delle materie dell’ambito linguistico.
Ad aggravare il quadro interviene anche il previsto innalzamento della quota di autonomia dei curricoli dal 20% al 25 % dell’orario complessivo del primo biennio, del secondo biennio e del quinto anno distintamente calcolati per area di istruzione generale nazionale e area di indirizzo flessibile.
Evidenti le conseguenze sulla formazione delle cattedre e sulla stabilità degli organici.