Riforma reclutamento docenti: addio ai quiz, 98mila posti da coprire il prossimo anno
Potrebbe esserci una sostanziale novità per quel che concerne il reclutamento docenti e il modo di prepararsi ai concorsi per la scuola: i prossimi concorsi potrebbero dire addio ai quiz. La priorità è mettere a unto un nuovo metodo che consenta una massiccia immissione in ruolo di docenti nei prossimi anni. Ma questo dovrà passare attraverso importanti novità da parte del Ministero, cui i potenziali aspiranti candidati dovranno adeguarsi.
Semplificazione dei concorsi, annuali
Il primo passaggio è stato la semplificazione dei concorsi, come voluto dalla riforma Brunetta, con lo scopo di snellire una procedura, attraverso l’abolizione dei test preselettivi, che consenta concorsi annuali.
Ma non basta. Un modello che però non convince forze politiche e sindacati, che restano scettici circa questa formula eccessivamente semplificata. Con la solita discrepanza tra nuovi immessi in ruolo, magari giovani con zero esperienza che diventerebbero subito titolari di cattedra e con i precari di lungo corso, con tantissima esperienza e ancora alle prese con le supplenze.
Formazione iniziale adeguata
In sostanza a non convincere c’è la formula dell’eccessiva importanza conferita a una prova basata sul quiz. Lo confermano anche i sindacati, in primis Francesco Sinopoli, segretario della FLC CGIL, che nel corso della video intervista su Orizzonte Scuola Tv ha spiegato: “Non crediamo che un concorso a quiz possa essere la soluzione. Non scherziamo“, dice il sindacalista e a proposito del reclutamento: “Serve un sistema di abilitazione, prima di tutto, fondato sulla formazione. L’idea di una riforma delle lauree la vedo complicata. Pensare a stabilizzare i precari e garantire una formazione iniziale adeguata ai bisogni della scuola“.
Coprire 98mila posti nel 2022/2023
Secondo Sinopoli, infatti, “l’anno prossimo dobbiamo coprire 98 mila posti circa. Poi ci sono i posti in deroga sul sostegno e quelli dell’organico di fatto. Sono partiti i concorsi ordinari per la scuola dell’infanzia e primaria e quello della secondaria. Ma non saranno sufficienti per rispondere alle necessità della scuola, in particolare la secondaria”.
fonte: miuristruzione.com