Scuola, la geografia alla rovescia degli insegnanti di sostegno: posti scoperti al Nord, corsi di specializzazione al Sud
di Marco Ricucci corriere della sera
A Milano Bicocca ci sono 420 specializzandi, all’Università di Palermo 1.400. L’assurda distribuzione dei posti del Tfa-sostegno che non corrisponde al fabbisogno reale
Il modello di inclusione scolastica in Italia è un unicum nel mondo, ma in pochi lo sanno. Se ne meravigliano le famiglie straniere, se hanno un figlio disabile certificato: nella scuola pubblica italiana, vi è un docente a diposizione specificatamente per lui, a differenza di quanto accade nei loro paesi di provenienza. Nel 1977 in Italia vennero abolite le scuole speciali, dove, secondo un documento ministeriale del 1962, andavano «soggetti che presentano anomalie o anormalità somato-psichiche che non consentono la regolare frequenza nelle scuole comuni e che abbisognano di particolare trattamento e assistenza medico-didattica». Moltissimo è cambiato da quegli anni. Ma funziona concretamente il modello di inclusione nella scuola italiana? Parrebbe di no, almeno dal punto logistico-organizzativo.
In base ai dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito risalenti all’ottobre 2022, ci sono poco più di 210 000 docenti di sostegno dall’infanzia alle superiori, tra personale di ruolo e supplenti. Ma qual è il dato preoccupante? Quasi tutti i supplenti annuali sono privi del titolo della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, ovvero sono senza una specifica formazione per occuparsi di chi ha fragilità certificate. Come mai? Semplice: per conseguire la specializzazione bisogna seguire un percorso ben strutturato tra lezioni, laboratori, tirocinio diretto nella scuola, il cosiddetto Tfa-sostegno, a cui si accede solo attraverso un test altamente selettivo. Ogni anno il MIM e il MUR (il Ministero dell’Università e della Ricerca), due separati in casa, emanano una circolare con il numero di posti disponibili a livello nazionale, che le università pubbliche e private si spartiscono in modo da garantirsi il sostanzioso introito delle rette degli aspiranti specializzandi. Il contingente autorizzato da Roma, però, è molto più basso del reale fabbisogno della scuola. Risultato: ogni anno a settembre tre quarti dei posti di ruolo destinati agli insegnanti di sostegno restano scoperti per mancanza di candidati in possesso del titolo necessario per essere assunti e di vengono assegnati a supplenti privi di specializzazione.
C’è anche un altro problema, quello della ripartizione dei posti tra i vari atenei dello Stivale che è speculare al fabbisogno, visto che i posti per la specializzazione sono concentrati nelle università del Sud, mentre le cattedre scoperte sono soprattutto al Nord. Solo a titolo di esempio: per il TFA-sostegno dell’Università Bicocca di Milano, dove insegno, ci sono 420 specializzandi, mentre nell’Università di Palermo 1.400. D’altra parte gli aspiranti insegnanti di sostegno, molti dei quali inseguono più che il sogno dell’inclusione il miraggio del posto fisso immediato, sono tantissimi. Alcuni di essi hanno trovato il modo di aggirare lo sbarramento del test frequentando università romene e poi foraggiando avvocati per ottenere l’omologazione del titolo a suon di ricorsi.
*Docente di italiano e latino al Liceo scientifico Leonardo di Milano e saggista