Scuola, le nuove misure per le regioni ribelli: “Ancora 10 giorni per sopprimere gli istituti”

di Giulia D’Aleo, la Repubblica

Nel decreto legge approvato oggi in Consiglio dei ministri arriva la risposta del ministero dell’Istruzione a Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna sul ridimensionamento della rete scolastica.

 

La risposta del ministero dell’Istruzione e del Merito alle regioni “disobbedienti” sta nel decreto legge approvato oggi in Consiglio dei ministri. Secondo gli obiettivi sul dimensionamento della rete scolastica previsti dal Pnrr, a ciascuna era stato indicato un numero di istituzioni scolastiche da sopprimere, che potevano essere poi liberamente individuate sul territorio. Alcune, però, si erano rifiutate: nessuna riduzione in Emilia-Romagna, una minore del previsto in Toscana Sardegna.

Le tre regioni ribelli

Secondo le tre regioni ribelli, i calcoli su cui si è basato il dimensionamento non terrebbero conto del numero reale di studenti, che in ognuna sarebbe superiore di diverse migliaia. L’effetto dell’accorpamento richiesto dal ministero, e previsto dalla riforma R. 1.3, “Riorganizzazione del sistema scolastico della Missione 4 del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, è una perdita di autonomia degli istituti. Un solo dirigente si ritroverebbe a doverne gestire più di uno, con conseguenti difficoltà organizzative e tagli ai vertici.

Altri dieci giorni

Lo scadere dei termini per l’accorpamento, fissato al 31 dicembre del 2024, aveva creato una condizione di stallo che il governo spera ora di sciogliere con il nuovo decreto, “al fine di garantire il regolare avvio del prossimo anno scolastico”, scrivono in una nota. Prima di tutto il testo fissa una nuova scadenza: altri dieci giorni di tempo dall’entrata in vigore del decreto legge per adattarsi alle richieste di riorganizzazione. Per convincere le regioni inadempienti, vengono poi previste una serie di misure agevolative.

L’abolizione del tetto minimo

Tra queste, l’abolizione del tetto minimo di studenti necessari per istituire una classe e la salvaguardia del contingente Ata per l’anno scolastico 2025/26. Ma viene anche prevista la nomina di un docente con funzioni vicarie del dirigente scolastico nelle scuole oggetto di dimensionamento, con cui si tenta di rispondere alle polemiche sui problemi di gestione che più istituti a carico di un’unica persona comporterebbero.

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“Ricadute negative sul personale”

“Nessun plesso verrà chiuso”, ha voluto poi precisare il ministro Giuseppe Valditara, “ma vi sarà una scuola meglio organizzata e più vicina agli studenti”. Di diverso avviso sono i sindacati: “Continuiamo a ribadire la nostra netta contrarietà a qualunque piano di dimensionamento della scuola statale, che per sua natura risponde esclusivamente a criteri di risparmio e di contrazione della spesa”, dicono da Uil Scuola. Il piano di dimensionamento attuato dal governo, evidenziano, avrà delle ricadute negative sul personale, sugli studenti e sulla qualità e l’efficienza dei servizi nei territori oggetto di dimensionamento. “Si pensi anche ai servizi amministrativi dislocati in altri comuni, alla rete dei trasporti nelle aree interne e alla maggiore complessità organizzativa che dovranno affrontare le scuole”, aggiungono.

“Un atto di ritorsione”

Per Flc Cgil, invece, le agevolazioni previste solo per chi rispetta i tempi sarebbero un “vero e proprio atto di ritorsione”, commenta la segretaria generale Gianna Fracassi. “Ricordiamo – sottolinea la dirigente sindacale – che il taglio delle autonomie sta determinando, oltre alla riduzione corrispondente di Ata, Dsga e dirigenti scolastici, la costituzione di mega scuole e il progressivo allontanamento dal territorio, desertificando le aree interne del Paese”

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