Scuola, Valditara vuole tagliare altri 700 istituti. Il Tar Campania lo ferma, ma il ministro va avanti: “Risparmiare per investire”

ROMA – È indubbio che il provvedimento interministeriale sul dimensionamento degli istituti scolastici italiani abbia finalità di risparmio, ma il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, lo difende come se facesse parte di una politica di sviluppo. Il Tar Campania lo scorso 30 ottobre si è espresso negativamente sull’indicazione di governo e la Flc Cgil, che era stata promotrice del ricorso, si è detta naturalmente soddisfatta e ha segnalato come l’operazione di chirurgia finanziaria avrebbe portato nell’arco del prossimo triennio, “attraverso smembramenti e accorpamenti di plessi”, le scuole attuali da 8.007 a 7.309, “sopprimendo in pratica il 9 per cento delle sedi esistenti”. Quindi, ne ha chiesto il ritiro.

“Accorpamenti selvaggi, soprattutto al Sud”

Ha scritto il sindacato: “La misura voluta da Valditara produrrà accorpamenti selvaggi di istituti in molte regioni, soprattutto al Sud. In un panorama sociale nel quale bisognerebbe recuperare il ruolo della scuola anche come istituzione fisica sui territori, questo Governo mette in pratica un accorpamento inspiegabile e deleterio, con il rischio di abbandonare a se stessi migliaia di alunni in tutta Italia”.

Il ministro, indispettito, ha annunciato l’impugnazione dell’ordinanza davanti al Consiglio di Stato attraverso l’Avvocatura generale e ha attaccato il sindacato confederale (per l’ennesima volta) e lo stesso Tribunale amministrativo della Campania. “La Cgil ha deciso di fare politica e per giunta una politica demagogica”, ha detto. “Parlare di un dimensionamento che farà sparire sedi e scuole nelle aree più interne del Paese, creando classi più affollate, è semplicemente falso. Stiamo lavorando per modernizzare il Paese”. Quindi, “non può ritenersi condivisibile che il Tar Campania si sia dichiarato competente su un decreto, adottato di concerto tra due ministeri, che reca i criteri per la definizione dell’organico dei dirigenti scolastici sull’intero territorio nazionale”.

ROMA – È indubbio che il provvedimento interministeriale sul dimensionamento degli istituti scolastici italiani abbia finalità di risparmio, ma il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, lo difende come se facesse parte di una politica di sviluppo. Il Tar Campania lo scorso 30 ottobre si è espresso negativamente sull’indicazione di governo e la Flc Cgil, che era stata promotrice del ricorso, si è detta naturalmente soddisfatta e ha segnalato come l’operazione di chirurgia finanziaria avrebbe portato nell’arco del prossimo triennio, “attraverso smembramenti e accorpamenti di plessi”, le scuole attuali da 8.007 a 7.309, “sopprimendo in pratica il 9 per cento delle sedi esistenti”. Quindi, ne ha chiesto il ritiro.

“Accorpamenti selvaggi, soprattutto al Sud”

Ha scritto il sindacato: “La misura voluta da Valditara produrrà accorpamenti selvaggi di istituti in molte regioni, soprattutto al Sud. In un panorama sociale nel quale bisognerebbe recuperare il ruolo della scuola anche come istituzione fisica sui territori, questo Governo mette in pratica un accorpamento inspiegabile e deleterio, con il rischio di abbandonare a se stessi migliaia di alunni in tutta Italia”.

Il ministro, indispettito, ha annunciato l’impugnazione dell’ordinanza davanti al Consiglio di Stato attraverso l’Avvocatura generale e ha attaccato il sindacato confederale (per l’ennesima volta) e lo stesso Tribunale amministrativo della Campania. “La Cgil ha deciso di fare politica e per giunta una politica demagogica”, ha detto. “Parlare di un dimensionamento che farà sparire sedi e scuole nelle aree più interne del Paese, creando classi più affollate, è semplicemente falso. Stiamo lavorando per modernizzare il Paese”. Quindi, “non può ritenersi condivisibile che il Tar Campania si sia dichiarato competente su un decreto, adottato di concerto tra due ministeri, che reca i criteri per la definizione dell’organico dei dirigenti scolastici sull’intero territorio nazionale”.

L’aiuto al ministro dal Tribunale del Lazio

Un secondo Tribunale amministrativo, questo del Lazio, ha invece rigettato un’istanza cautelare presentata dalla Regione Puglia sempre contro il progetto di dimensionamento scolastico “previsto dal Pnrr”. Ancora il ministro: “Nelle motivazioni della decisione viene chiarito che nei contenziosi portati avanti dalle Regioni non c’è alcun danno grave e irreparabile che giustifichi una misura cautelare. Avanti, dunque, nell’attuazione della misura, richiesta dall’Europa, che prevede l’ammodernamento del nostro assetto organizzativo attraverso l’eliminazione progressiva delle reggenze dei dirigenti scolastici. Grazie a questa riorganizzazione avremo scuole più efficienti e risparmi per 88 milioni di euro, risorse che potranno essere reinvestite per il personale scolastico e non solo”.

 

M5s: “Decreto in Corte costituzionale”

Il Movimento Cinque Stelle, con gli esponenti in Commissione Istruzione alla Camera, parla di dichiarazioni “paradossali, assurde e avvilenti”: un ministro dell’Istruzione “con toni trionfalistici dichiara che sta costruendo la scuola del merito mentre ha ricevuto un sonoro alert sul ridimensionamento della rete scolastica. Questa misura è una ferita per interi territori, che devono far fronte ad accorpamenti illogici, dannosi e privi di senso di istituti scolastici, per far fronte ai desiderata di Valditara e del Governo Meloni. Il decreto sul dimensionamento scolastico va sospeso e rimesso alla Corte costituzionale”.

Dubbi e timori si leggono persino nelle note dell’Ugl, sindacato vicino a Fratelli d’Italia.

I nuovi tagli si andrebbero ad aggiungere ai 2.600 edifici chiusi nell’ultimo decennio su decreto del Berlusconi quater. La legge di Bilancio 2024 prevede che il numero minimo di studenti necessario per mantenere in vita l’autonomia scolastica di un singolo istituto non sia inferiore a 900. In base al forte calo di natalità, questo numero resta irraggiungibile per un grande numero di plessi. Le conseguenze saranno più pesanti per quelle regioni che hanno un’incidenza più bassa di popolazione nella fascia tra i 3 e i 18 anni e tra queste Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria.

 

 

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