Smart working, cosa succederà ai lavoratori fragili?
di Francesco Provinciali, Start Magazine
Proroga al 31/3/2024 dello smart working per i lavoratori fragili del privato ma non per i dipendenti pubblici. Ennesima disparità di trattamento. L’intervento di Francesco Provinciali, già dirigente ispettivo Miur e Ministero della Pubblica istruzione
Termina il 31/12 p.v. la tutela dello smart working per i lavoratori certificati fragili, con patologie incluse nel D.M. Salute del 4 febbraio 2022. Le ultime notizie che giungono dal Parlamento danno per certa una proroga fino al 31/3/2024 del portato normativo previsto dalla legge 85 del 3/7/2023 per i lavoratori del settore privato mentre i dipendenti pubblici resterebbero privi di questa tutela.
È quasi inconcepibile come tra alti e bassi questa telenovela vada avanti in un clima di incertezza intollerabile.
Si tratterebbe di una disparità di trattamento che sarebbe più corretto definire “discriminazione” ai limiti dell’incostituzionalità poiché a parità di condizioni di salute si applicherebbero due criteri diversi di trattamento.
Questo accade in un periodo di impennata apicale dei casi di Covid, gli ospedali comunicano l’aumento dei ricoveri e l’apertura delle unità di crisi, le varianti impazzano ed alcune sono veramente pericolose. Ma questi dati lasciano indifferente la politica mentre c’è chi trova nelle pieghe della legge di bilancio degli intollerabili privilegi: dai golf club, allo sci nautico, alle associazioni culturali locali, contigue ai collegi elettorali. Un Parlamento, un Governo che non hanno a cuore i problemi delle persone fragili, disabili, immunodepresse fino ad esporle al rischio di contagi che giudizio possono aspettarsi? Soprattutto se si fanno figli e figliastri: lo Stato non trova i fondi per tutelare i propri cittadini sfortunati e già colpiti da malattie gravi, con situazioni a volte drammatiche?
Molti lavoratori fragili del pubblico appartengono al mondo della scuola, e di ciò il Governo ne ha contezza tanto che su iniziativa del Ministro del Lavoro era stato approvato il D.L 132 del 29/9/2023 che all’art 8 prevede che il personale docente della scuola collocato in smart working venga utilizzato in compiti inerenti il Piano Triennale dell’offerta formativa. Una ipotesi sempre affidata alla discrezionalità dei capi d’Istituto: so di un’insegnante che nel periodo di vigenza del lavoro agile è stata incaricata – disattendendo le disposizioni del decreto legge citato- di seguire corsi formazione online in via continuativa, collezionandone 200: una cosa da guinness dei primati, assai contigua al mobbing. Ma tralasciando i casi limite che nella disparità della gestione dello smart working danno una rappresentazione disomogenea e discrezionale del concetto di “lavoro agile”, resta l’incognita del futuro imminente.
Se il Parlamento non integra la tutela dello smart working anche per il settore pubblico dei lavoratori fragili certificati dalle autorità sanitarie competenti, si assume una responsabilità che definire grave sarebbe eufemistico: sperando sempre che chi fosse obbligato al rientro in comunità non ne subisca danni e conseguenze alla propria salute: parliamo – lo ripetiamo da anni- di malati di tumore, artrite reumatoide, assenza o immunodepressione di difese immunitarie. Tutte patologie che il Decreto del Ministro della salute 4/2/2022 ha riconosciuto e catalogato e che la visita del medico competente ha certificato: negare questa evidenza sarebbe un segno di miopia inspiegabile.
Concludendo: la telenovela continua, lo spettacolo è indecoroso e il contenzioso incombente.
In Italia siamo specialisti nel rinviare le decisioni (salvo recuperarle a tempo scaduto) e nel rendere complicate le evidenze più lampanti. Un’abilità non comune di cui la politica nostrana si fregia da lungo tempo.