Tagli alla scuola pubblica per finanziare la privata
di Luciana Cimino, il manifesto
I tagli agli italiani. Di diverso, rispetto alla stagione berlusconiana dei tagli lineari a scuola e università, c’è solo la consapevolezza.
Così come Anna Maria Bernini accusa di malafede chiunque evidenzi le decurtazioni al fondo per gli atenei, anche il titolare dell’Istruzione, il leghista Valditara, magnifica la scuola dell’era meloniana. Dove l’unico problema è che vi si iscrivono anche studenti di sinistra, naturalmente «teppisti», «violenti», «facinorosi».
Invece, nella legge di bilancio approvata ieri attraverso la fiducia, si percepisce con chiarezza il ruolo di terza fila che il governo di destra centro assegna alla conoscenza. Eccetto le scuole private e paritarie che riceveranno un contributo di 50 milioni di euro in due anni. Per i genitori che intendono farle frequentare ai figli sono previste detrazioni per le spese sostenute da 800 a mille euro.
Sono stati trovati 15 milioni di euro anche per una delle riforme spot di Valditara, il 4+2 della filiera tecnico professionale. Mentre 2 milioni di euro sono destinati al «Programma studente-atleta» ed è stato creato un piccolo fondo per il sostegno psicologico nelle scuole.
Quanto al personale (docenti, precari, insegnanti di sostegno e amministrativi) il governo parla di un «incremento del 6% per il contratto collettivo 2022/2024» e di altre risorse per il successivo e garantisce «un aumento stipendiale a regime del 5,4%, superiore all’inflazione programmata». E di «taglio del cuneo fiscale fino a 40 mila euro lordi».
Secondo sindacati e opposizioni però la realtà è diversa. La cifra politica della manovra su università, scuola e ricerca è un forte definanziamento che mette a rischio la tenuta complessiva del sistema nazionale della formazione, oltre che scaricare su studenti e precari il costo di questa scelta». I sindacati vedono solo un misero incremento dello 0,22% destinato al salario accessorio che si aggiunge a quanto stanziato dalle precedenti finanziarie, per un aumento complessivo del 6%, circa 140 euro medi mensili lordi.
La misura è quindi del tutto inadeguata a fronte di una inflazione quasi al 18%. Di fatto al personale si impone una perdita retributiva pari a 2/3 circa dell’inflazione, impoverendo ulteriormente una categoria tra le meno pagate in Europa» I tagli nella manovra riguardano anche gli organici: per la scuola il saldo è negativo 3.794 posti di docenti in meno nel 2025 e per il 2026 tagli di oltre 2.200 Ata.
Concordano le opposizioni. Per la senatrice dem D’Elia si tratta di un «testo mediocre, fatto solo di tagli nei settori più strategici del paese, a partire dalla sanità e dalla scuola con 7.800 posti cancellati tra docenti e personale amministrativo». «Un taglio simile non si vedeva dalla Gelmini: meno mezzo miliardo di euro a tutti i settori della cultura nel prossimo triennio», le fa eco la collega di partito alla Camera, Ascani. Per il capogruppo Avs De Cristofaro, «il sistema sanitario nazionale e la scuola pubblica sono umiliati da questa legge di bilancio: nulla per ridurre le liste d’attesa, niente per il diritto allo studio, anzi, 50 milioni per le scuole private».