Valutare i dirigenti scolastici?
di Pasquale Almirante, La Tecnica della scuola
Valutare i dirigenti scolastici? Quale migliore giudizio della loro elezione diretta come avviene in Germania.
n un articolo su un quotidiano a livello nazionale, viene affrontata la questione relativa alla valutazione del dirigente scolastico, riproposta, secondo l’articolista, dal ministro dell’istruzione, Giuseppe Valditara.
E, giustamente, nonostante se ne approvi la logica, vengono posti dei dubbi sulla effettiva efficacia e correttezza, sia nella designazione delle persone che dovrebbero assumere questo compito e sia nelle modalità, il “come” insomma, dovrebbero svolgerlo.
“La scuola – si legge -, come tutte le organizzazioni complesse, mostra il suo carattere democratico quando il leader può essere messo in discussione e sottoposto al giudizio e alla fiducia della comunità che dirige”.
Manca, tuttavia, nel ragionamento dell’estensore dell’articolo, l’eventuale penalizzazione cui il dirigente scolastico andrebbe incontro, qualora la sua azione fosse fallimentare, sia in termini di efficacia amministrativa, sia in termini di consenso, sia in termini di risultati didattici, sia di gestione del personale, e dunque della loro valutazione nell’assegnazione delle cattedre, ma anche nella gestione delle somme a sua disposizione, sia nella sua “funzione democratica”, quando non diventi, come si diceva anni addietro, “sceriffo”.
In altre parole: posto che si trovi la quadratura del cerchio della valutazione del dirigente, del chi e del come viene giudicato, a quali sanzioni verrebbe sottoposto, se queste componenti lo ritenessero divisivo, autoritario, impreparato, come del resto talvolta la cronaca riferisce? Incapace persino di “valorizzare le potenzialità della comunità che dirige?”
Un punto non specificato, ma, sulla base delle tutele delle dirigenze e dei precedenti accadimanti (alcuni dei quali anche molto seri, come la rimozione da parte di un preside dei commissari nominati dal ministero agli esami di stato), riguardanti dirigenti manifestatamente condannati, perfino dagli uffici scolastici reginali, l’unica “sanzione” finora registrata pare sia stata la semplice sospensione dall’ufficio per qualche mese, col successivo immancabile ritorno alla sua cattedra, tranne, si intende, se si intacca la sfera penale.
Da qui dunque un’altra riflessione: quale migliore valutazione può esservi del dirigente scolastico, di quella formulata da tutti i componenti della scuola autonoma attraverso, come avviene per il retore delle università, ma anche per i sindaci dei comuni, la sua elezione diretta?
Questa sarebbe l’unica, efficace, coerente formula, in linea con la democratica valutazione del dirigente che dovrebbe però ritornare nella sua originaria veste di “unus inter pares”, come lo è ogni cittadino nei confronti dei possibili elettori per il ruolo di sindaco o di deputato; ma anche di rettore o preside di facoltà all’interno della cittadella universitaria.
Quattro anni di mandato e poi la scuola autonoma ritorna alle urne, premiando o punendo, ma in ogni caso eleggendo, democraticamente, il suo preside.
E, a nostro modesto avviso, nessuna giustificazione contraria è possibile, perché questo sistema è adottato in Germania, dove addirittura il preside divide parte della sua funzione con quella di docente. Questo riferimento, affinchè non si ventili che, se la scuola non ha un dirigente vincitore di concorso, si smarrisce. Cosa opinabile, se ci riferiamo ai sindaci, molti dei quali, perfino con la sola terza media, gestiscono comuni anche grossi.